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Testimonianza di Annalisa

Bologna 30 agosto 2024

 

Colgo l’opportunità che questa tesina mi offre per ricapitolare, ripercorrendone i punti nodali, il mio percorso personale che mi ha portato ad incontrare”Una scuola di vita”  di Graziella.

Già perchè mi sto rendendo conto che questo percorso non consiste solo in una formazione in Costellazioni Familiari ma è molto di più. È una specie di formazione a maneggiare la vita al meglio delle proprie possibilità, per cercare di essere felici e profondamente in contatto con se stessi, rispettosi della vita e consapevoli di un Progetto d’Anima che dà un senso ed un significato all’esistenza anche nei momenti più bui.

Consiste in un nuovo paradigma con cui affrontare la vita, dando un senso profondo agli accadimenti e favorisce l’apprendimento rispetto all’ affidarsi al campo energetico,  a cui possiamo accedere continuamente nella nostra vita quotidiana e non solo durante le sessioni di Costellazioni Familiari, lasciando andare il controllo serrato della mente con cui si crede, spesso impropriamente, di poter gestire la realtà.

Ultimamente si parla molto spesso di implementare gli psicologi nelle scuole, nelle aziende  per affrontare il disagio crescente nei più diversi contesti. Credo però che il problema non sia la mancanza di psicologi, che penso anzi inflazionati, ma la mancanza di un senso spirituale della vita che purtroppo la psicologia tradizionale ed accademica non fornisce.

Ritengo che l’approccio che caratterizza questa Scuola dovrebbe essere “brevettato” ed estendersi come efficace risorsa per accogliere ed affrontare i profondi disagi ed il male di vivere che caratterizza la nostra società. Restituendo un senso spirituale e trascendente alla vita, riprendendo un contatto amorevole e rispettoso con le nostre radici, con le nostre storie familiari così diverse ma anche, al contempo,  così profondamente condivisibili e simili e con i nostri antenati.

“Senza radici non si vola”.

Alle volte il sintomo è già un tentativo di risolvere il problema. Tutto nella nostra società ci sta segnalando che dobbiamo reintrodurre termini come Anima, Divino, Destino, Progetto d’Anima, se vogliamo “guarire” e non derubricarli come termini che finiscono per essere considerati, paradossalmente, blasfemi e non politicamente corretti. C’è una sorta di pudore ad usare chiaramente questi termini. Si è ormai sdoganato un atteggiamento sprezzante e di supponenza verso le “cose di pertinenza animica” nonostante l’esigenza sempre più crescente di parlarne da parte delle persone che pare non venga minimamente intercettata, almeno nei contesti “accademici” ed ufficiali.

Cercherò quindi di ripercorrere il cammino che mi ha portato a giugno del 2024 a contattare Graziella.

Anche perchè, come tutto quello che accade, anche ciò che sembra apparire all’improvviso, di fa, è stato lentamente e pazientemente preparato, quasi sempre a nostra insaputa, da qualcosa di molto più grande di noi. Un pò come in primavera, in cui sembra esplodere all’improvviso  una coloratissima natura ma ciò che appare improvviso è solo legato al mondo fenomenico, a ciò che appare alla nostra vista.

Di  fatto, un lungo inverno  ha reso possibile questo tripudio di colori e questo meraviglioso risveglio della natura. Quando in superficie tutto appariva freddo, quasi inanimato, sotto le profondità del suolo si stava lavorando alacremente in modo silenzioso ed invisibile per preparare questo spettacolo.

Mi sento allora di partire dai miei studi.

Dopo aver conseguito la maturità classica, contro tutto e tutti, decisi di iscrivermi alla Facoltà di Psicologia all’Università di Padova. Purtroppo all’epoca a Bologna, città in cui vivevo e vivo tuttora, non c’era. Già dal ginnasio ho sentito forte l’attrazione per lo studio della psicologia, provavo un’ attrazione quasi magnetica, sentivo che questo era quello che avrei dovuto fare, desideravo mettermi a disposizione, al servizio degli altri per essere di aiuto nel cercare di migliorarne la vita.

Sentivo, inoltre, un profondo e viscerale bisogno di rispondere a domande che già da tempo mi facevo del tipo:

” Che senso ha la vita?” ” Perchè sono qui?” ” Cosa succede dopo la morte?” “C’è un destino nel nostro percorso di vita o tutto accade come concatenazione casuale di fatti? ” domande che mi portavano quasi tutti i sabato pomeriggio alla libreria Feltrinelli a cercare spasmodicamente libri, come se fossi alla ricerca del Santo Graal. Sentivo che da qualche parte c’erano le risposte e siccome ancora non le avevo trovate,  continuavo a cercarle senza sosta. Rimanevo sempre stupita quando frequentavo persone per le quali queste domande erano inutili, quasi un modo ozioso per complicarsi la vita. Mi chiedevo come si facesse a vivere senza la ricerca di risposte a quelle domande assordanti e per me così ineludibili. La morte è sempre stata per me un tema fondamentale. Era come se sentissi che la morte era strettamente connessa alla vita e che non poteva essere vissuta appieno, nel suo significato più profondo, se non si cercava di capire cosa fosse la morte e cosa accadeva dopo e se c’era qualcosa o qualcuno ad “accompagnarci” in questo viaggio terreno. Mi chiedevo come mai alcuni bambini muoiono a pochi mesi, altri arrivano all’anzianità, perchè alcune persone nascono in Africa nella povertà assoluta ed altri nella ricchezza più sfrenata. Erano temi che mi attanagliavano la mente. Volevo credere in una giustizia se non umana divina ma queste diseguaglianze  rendevano molto difficile credere in una equa distribuzione delle sfide e delle opportunità.

Probabilmente speravo che gli studi di Psicologia mi avrebbero aiutata a dirimere queste questioni. O quantomeno che mi avrebbero offerto strumenti per rifletterci in modo serio.

Ho fatto la pendolare, Bologna-Padova e Padova-Bologna ogni giorno per 5 anni.

La mia motivazione era sempre fortissima, nei miei viaggi in treno studiavo, riflettevo, osservavo.

Durante questi viaggi spesso entravo in una sorta di trance ipnotica in cui ero in uno stato di profondo ascolto di me, ero presente, ossia mi accorgevo di tutto quello che accadeva intorno ma, allo stesso tempo, ero in uno stato alterato di coscienza

In quei momenti mi sentivo connessa a qualcosa di non ben definibile, ma profondo ed  illuminante. Spesso mi arrivavano intuizioni molto interessanti a cui, con il ragionamento, non sarei mai arrivata. Lì sperimentavo che doveva esserci qualcosa che andava oltre il livello della coscienza ordinaria e della mente.

Dopo alcuni esami, peraltro superati brillantemente, cominciò ad insinuarsi, serpeggiante, però  un intenso malessere, quasi un senso di tradimento.

Mi chiedevo dove in questi studi  fosse l’Anima, dove il senso della vita? I miei primi libri, da cui probabilmente nacque il mio interesse per la Psicologia, sono stati ” Cos’è la Psicologia ” e “La nuova Psicologia ” di Pierre Daco, libri pervasi di una intensa   spiritualità che non ritrovavo più nella formazione universitaria.

Ma nel percorso accademico, di quella psicologia di cui mi ero innamorata,  non c’era traccia, nessun riferimento alla nostra parte animica, spirituale, quasi fossero tabù che non si potevano infrangere.

Tanto che, durante uno dei miei viaggi in treno, ad alcune compagne di facoltà, mi venne da esternare a voce alta ” ma la Psicologia che studiamo non parla di Anima”. Ricordo ancora il loro sguardo attonito ed interrogativo. Come se avessi chiesto ingenuamente come mai non vedessimo gli Unicorni librarsi in aria.  Capii che avevo fatto una domanda forse assurda per loro, forse inutile, forse scomoda.

Abbozzai allora un sorriso e continuammo i nostri ripassi sul libro molto più “serio” di neurofisiologia  di Kandel.

Mi sentii tradita nelle aspettative, fortemente disattese, che la stessa etimologia greca della parola psicologia risvegliava, ossia ” Psiche : spirito, anima ” e Logos: studio.

Ma dov’era lo studio dell’Anima?

Biologia, Neurologia, Psicologia Generale che consiste nello studio di come funzionano il linguaggio, la memoria, la percezione, ossia i nostri processi mentali.  Tutto estremamente interessante ma, a mio parere amputato di una grossa parte.

In più tutta la sofferenza umana veniva letta in una chiave molto patologica e classificatoria dal famoso DSM ( Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), la bibbia all’epoca.  Ma c’era quel “e poi?” ,continuavo ad aspettare pensando che tutti quegli esami fossero propedeutici allo studio dei grandi temi dell’esistenza, temi che fungevano per me da mordente da sempre e che mi avevano spinto a scegliere questa Facoltà.

Mi sono anche chiesta come mai venisse riservato, nel percorso accademico, tanto spazio allo studio di Freud, alla sua teoria della sessualità, al complesso di Edipo,

alla “demonizzazione dei genitori” che sembravano essere la matrice di tutti i mali, e mai una parola su Jung, psicoanalista ma in verità mistico e visionario che utilizzava l’astrologia e la tarologia nelle sue sedute.

Lo studio di Jung, come ho scoperto dopo, avrebbe sicuramente nutrito quella mia parte che stava cercando un senso spirituale, animico della vita. Con la consapevolezza ed il disincanto di oggi qualche risposta in più ce l’ho. Jung era e forse lo è ancora, molto più scomodo rispetto agli approcci più materialistici,  illuministici, “scientifici”, in linea con il percorso esclusivamente razionale e cognitivo a cui ti prepara l’Università rimuovendo tutto il restante 95% delle potenzialità della nostra consapevolezza.

La mia costanza, nonchè le mie aspettative illusorie e speranze granitiche di arrivare al mio obiettivo,  mi diedero la forza di  arrivare alla laurea con 110 . Ero molto soddisfatta, era stato riconosciuto un periodo molto faticoso. Perfetto.  Ma un senso profondo di insoddisfazione permaneva.

Quelle domande pressanti non erano state affatto soddisfatte. Tutto questo percorso aveva nutrito la mia parte cognitiva ma le mie profonde istanze erano ancora lì, inappagate, come all’inizio, quando cominciai il viaggio.

Forse, lo ammetto, quella profonda esigenza di andare oltre , di parlare di Anima si era talmente rassegnata che, per un certo periodo, divenne dormiente.

Perfetto da “protocollo” feci il tirocinio di un anno, e poi diedi l’esame di Stato . Potevo a quel punto definirmi Psicologa, avevo raggiunto il mio sogno tanto agognato, fatto di tante fatiche ma anche sicuramente di soddisfazioni e riconoscimenti. Ma ancora c’era qualcosa che mi sfuggiva..

A questo punto era necessario andare avanti. Scelgo la Scuola di Specializzazione “Terapia famigliare e sistemica” .

In questi 4 anni sicuramente ho imparato tanto, forse davvero un nuovo paradigma. La “patologia” non era più un fenomeno individuale ma sistemico. Mi piaceva l’idea. Il focus di intervento non era più il singolo membro ma il malessere aveva origine nelle complesse dinamiche disfunzionali famigliari in cui colui che presenta il sintomo è colui che, “altruisticamente”, si fa portavoce del malessere per palesarlo e urlare aiuto.

Molto innovativo ed irriverente rispetto al sistema di classificazione diagnostica a cui ero abituata. Ok mi dissi. Un passo avanti. Era sicuramente una nuova chiave di lettura. Patologia e disfunzionalità sistemica al posto di quella individuale! Wow mi dissi.

Però poi anche qui si rimaneva sempre su un piano cognitivo e patologizzante. Mancava il senso più profondo del perchè ad un certo punto una persona comincia a stare male , ad essere depressa. Dovevamo imparare a fare le domande circolari, a cogliere i paradossi e controparadossi. Ricordo ancora il libro della Selvini Palazzoli ” Paradosso e controparadosso” interessante ma… alla fine ti veniva il mal di testa, tanto i processi mentali che spiegava erano complessi. Quasi una sorta di “ingegneria cognitiva”. Emozioni? Frutto dei pensieri, frutto di come interpreti la realtà. Vero ma di nuovo la vocina “demoniaca” ma l’Anima? Qual’è l’origine di queste matrici di pensiero, di queste griglie di lettura, sono date dall’ambiente, dalla genetica, dall’anima da dove nascono?Ci può essere un senso più profondo in tutto questo? Non era sufficiente per me ciò che avevo appreso.

Mente, Cervello, Mente , Cervello , Patologia. Tutto così medicalizzato . Certo non c’era più l’individuo schizofrenico ma la famiglia schizofrenica, non c’era più la persona anoressica ma la famiglia anoressica. Passo millimetrico avanti nell’apertura della visione  ma la sostanza non cambiava.

Credo che la mia Anima stesse tramando nell’ombra e stesse cercando di mettersi in contatto con la mia Personalità all’insaputa della mia coscienza.

Incontrai, per sincronicità, si perchè di incontro si trattò anche per le circostanze in cui avvenne, il libro di Brian Weiss ” Molte vite, un solo Amore” psichiatra che parlava dell’emergere di ricordi di vite passate nei suoi pazienti. Questo mi aprì incredibilmente gli occhi. L’apertura dell’orizzonte temporale in cui si potevano originare i nostri problemi, che non riguardava una sola esistenza ma più esistenze mi permetteva di smettere di dare credito ad un approccio in cui tutti i mali del mondo ricadevano sui genitori di questa vita, ma finalmente si configurava all’orizzonte qualcosa di più complesso e “magico” che andava oltre. Una serie di emozioni, copioni, schemi che si ripetevano a nostra insaputa e ci rendevano prigionieri del passato già dalla nascita potevano avere origine in altre vite dandoci in questa l’opportunità di scioglierli. Anche questa visione evolutiva e non solo patologica mi risuonava molto.

Successivamente feci poi due formazioni sull’ipnosi a vite passate. Ho rivissuto molte mie vite passate.  Questo percorso mi fece sentire di essere finalmente sulla strada giusta.Un primo tassello del puzzle. Qualche domanda cominciava a trovare risposte. Cominciò a formarsi l’idea che i genitori si scelgono e che per quanto impegnativi sono i genitori migliori che potevamo avere per la nostra evoluzione e per sciogliere dei nostri nodi complessuali di antichissima data e che la vita ci mette di fronte sempre a sfide per evolvere, per crescere per diventare sempre più noi stessi e per favorire il dispiegarsi della nostra essenza.

Mentre seguivo la Scuola di Specializzazione “claasica” intrapresi una psicoterapia personale necessaria per il mio percorso di formazione da una psicoterapeuta molto conosciuta a Bologna.

Le sarò grata a vita per avermi insegnato cosa non fare.

Ogni seduta lavorava per instillarmi rabbia verso i miei genitori , per elencare tutti gli errori e per attribuire ogni mia difficoltà a loro, con giudizio, arroganza e tanta presunzione. Ogni volta che facevo delle rimostranze mi diceva che era il frutto di resistenze. Uscivo ogni volta più affranta ed angosciata di quando ero entrata.

Sempre più pensavo che questo non poteva essere il modo di fare terapia.

Purtroppo però questo modo non è olo legato all’individualità di questa persona ma spesso l’approccio con cui si affronta il disagio che con cui ci hanno indottrinato fin dagli albori degli studi.

Successivamente ho pensato a quanti sensi di colpa avrei provato se ai miei genitori, peraltro genitori meravigliosi, che hanno sempre fatto del loro meglio, fosse capitato qualcosa di grave, durante quegli anni di terapia in cui questa narrazione che si co-costruiva nel setting terapeutico mi aveva resa sempre più distaccata e rabbiosa nei loro confronti.

Devo dire che sono stati due anni tristemente istruttivi.

Ad un certo punto lasciai la terapia ed intrapresi un altro percorso molto più positivo. Anche perché, per fortuna ci sono psicoterapeuti molto bravi ed illuminati anche se credo purtroppo, siano la minoranza. Questa mia esperienza  mi aprì  molte riflessioni ed interrogativi.

Ma chi è il terapeuta per arrogarsi il diritto di sapere cosa è ben per quella persona , inserendola in griglie preconfezionate, del tutto arbitrariamente, che tra l’altro non aiutano certo la persona ma finiscono per peggiorarne il problema.

Come si fa a sapere cosa è bene o male per quella persona se non abbiamo modo di connetterci con qualcosa di più grande che conosce quella persona molto meglio di noi?  Senza saperlo stavo probabilmente cercando il famoso campo morfogenetico a cui affidarsi. Così facendo si rischiava solo di  aumentare l’odio verso i propri genitori. Terribile autogol emotivo. Non si può avere benefici odiando coloro da cui proveniamo.

Ma si rischia solo di favorire autosabotaggi punitivi nella propria vita.

Anche perchè se una parte conscia si allea con il terapeuta, screditando i genitori, ce n’è un’altra uguale e contraria, oltre che inconscia e quindi molto più potente, perchè lavora nella clandestinità, che sotto traccia si lega ancora di più al genitore bistrattato. Dando così origine ad una scissione interiore fortissima.  Quindi anche strategicamente inopportuna.

Ecco perchè mi entusiasma tanto Hellinger perchè lavora nell’Amore e con Amore, come afferma: “solo l’Amore scioglie”.

Cominciai infatti in questo periodo la lettura di Hellinger. Mi risuonò tantissimo.

Mi attrasse molto il concetto di irretimento, e di quanto si potesse rimanere imbrigliati nella storia dei nostri avi , assumendone il destino completamente a nostra insaputa. Rimasi anche molto affascinata dall’esperienza del campo energetico in cui sono contenute tutte le informazioni di ciò che è stato , è e sarà. Per cui entrare nel campo significa avere accesso ad esperienze inimmaginabili con la sola mente.

Molte volte arrivavano nel mio studio persone incattivite con i genitori a cui attribuivano tutte le colpe del mondo per i loro problemi, dopo anni di psicoterapia. Quanto odio, quanta sofferenza non solo inutile ma anche tossica.

Una frase di Hellinger mi rimase impressa ” Ognuno si faccia carico del proprio destino e delle conseguenze del proprio comportamento. Senza addossarli ad altri” . Avevo la necessità di acquisire di strumenti-guida che mi aiutassero a capire quale fosse la direzione migliore da seguire per il bene delle persone che si rivolgevano a me. Me lo dovevo e lo dovevo a loro.

Capivo che la strada non mi poteva essere data da mie arbitrarie valutazioni solo mentali, pregiudizi o indottrinamenti teorici. Come facevo a capire qual’era davvero il lavoro da fare con la persona? Compresi che non potevo rispondere a questa domanda con il ragionamento.

Illuminante infatti, in quel periodo, fu un’esperienza fatta con una paziente. Si rivolse a me per un rapporto estremamente conflittuale con la madre . Aveva fatto vari percorsi terapeutici, aveva messo una distanza di centinaia di Km ma la madre , a suo dire, era ancora lì a condizionarle la vita. Le proposi una seduta di ipnosi regressiva a vite passate. Le anticipai che avrei lasciato il suo inconscio libero di traghettarla nella vita che sarebbe stata più utile per lei vedere. Il suo timoniere sarebbe stato il suo Sè Superiore. In quel caso, forse ancora senza saperlo, mi affidai al campo morfogenetico, mollai la mente, che aveva tuttavia già prefigurato una serie di plausibili scenari di possibili vite passate.

Ebbene accade una cosa sconvolgente. La paziente non vide una vita passata ma andò al momento prima dell’incarnazione di questa vita  in cui con la madre concordava “un patto d’anima”  e sperimentò tutto il profondo amore dell’Anima che si sarebbe incarnata nella madre. Che le fece capire quanto amore occorresse per assumere un ruolo così apparentemente sfidante per la figlia ma fondamentale per aiutarla ad evolvere. Ero incredibilmente sconvolta. Nè la mia mente nè la sua sarebbero state in grado di creare una storia così stravagante.

La paziente, al risveglio, era profondamente scossa e commossa. Dopo qualche settimana mi raccontò che la madre non era  cambiata ma era lei che percepiva la madre in tutt’altro modo. L’amore che aveva percepito da parte della madre, dietro i suoi comportamenti offensivi ed arroganti, l’avevano “guarita” . Il suo rapporto con la madre, e non solo, si erano profondamente modificati. Questa esperienza le aveva restituito un senso di appartenenza e l’amore della madre.

Non certo l’odio alimentato in questi anni poteva aiutarla.

Lì colsi l’importanza di lasciare accadere le cose , affidandosi e “riconoscendo ciò che è”. Semplicemente, si fa per dire.

Cominciai a divorare diversi libri tra cui, Ian Stevenson sulla Reincarnazione,  “Lealtà invisibili” di Boszormenyi-Nagy, libri di esoterismo, di tarologia ecc…. Ho cominciato a frequentare corsi di astrologia, di Kinesiologia applicata alla Psicologia, di Voice Dialogue ecc.. Tutti hanno contribuito a fornire un apporto importantissimo alla mia crescita personale prima ancora che professionale. Mi stavo allontanando sempre più dai canoni che  mi sentivo obbligata a seguire  per potermi definire una psicoterapeuta secondo il sistema.  Era catartico.

Ad un certo punto, nella mia ricerca sempre febbrile, incappai di nuovo in un autore che rivoluzionò il mio paradigma di vita . Cominciai a sentire che quello che cercavo cominciava a vedere una luce. Ci sono degli incontri che ti cambiano la vita. Questo libro è stato un primo passaggio fondamentale che mi fece sentire “a casa” e mi restituì un senso di sanità mentale e legittimazione rispetto alle mie domande più animiche, più mistiche. In cui capii che si poteva fare psicoterapia usando un approccio più spirituale ed animico ” Il codice dell’Anima ” di Hillmann , allievo di Jung. Libro che per me sancì un prima ed un dopo. Mi colpirono moltissimo le idee dell’autore dirompenti e molto “uraniane” si direbbe in astrologia, di profonda rottura, rispetto al sistema epistemologico che allora avevo in mente.

Hillmann si ispira al mito platonico di Er secondo il quale l’anima di ciascuno di noi sceglie un “compagno segreto ” o daimon per i greci e sarà lui a guidarci nel nostro percorso terreno.  Oltre alla teoria della ghianda: in cui ognuno ha appunto un talento innato, un daimon che aspetta solo di essere portato alla luce , un destino a cui siamo chiamati fin dalla nascita . Come nella ghianda è già tutto contenuto lì, il tempo serve per dispiegare e manifestare questo potenziale. Questo mi fece davvero esclamare un WOW!! in più la parte più fantastica ossia quella parte che cambia il concetto di causalità temporale non più dal passato al futuro ma dal futuro al passato. Ossia, se la nostra Anima vuole che al tempo X facciamo una certa esperienza , tutto ciò che accade prima deve essere preparatorio per arrivare puntuale e preparati all’appuntamento al tempo X. Quindi è l’evento X che “causa” gli eventi precedenti.  Questo è magnifico. Nel suo libro Hillman rilegge sotto questa nuova luce le vite di molti personaggi molto conosciuti. Questo era il senso profondamente magico, mistico e spirituale della vita. Che fa capire che c’è qualcosa di molto più grande di noi e come dice Einstein ” Dio non gioca a dadi con l’Universo”. Ogni evento che ci accade ha uno scopo nella vita anche se noi non ne siamo consapevoli.

Dall’inconscio di Freud, ricettacolo di tutte le nostre nefandezze, sono passata allo studio della parte cognitiva, razionale che ha la pretesa di governare e di avere il predominio sul mondo irrazionale, per approdare all’inconscio inteso come Sè Superiore dove c’è l’Anima, il concetto di Destino, seppur riconoscendo l’importanza del libero arbitrio. Questa era la mia psicologia.

Iniziare la professione di psicoterapeuta è stato un pochino difficile all’inizio, poi ,nel giro di qualche anno mi sono arrivate tantissime persone splendide, consigliate da altre attraverso il passaparola.  Di ogni persona non vedevo il problema ma lo spiegarsi della complessità della vita. Mettevo il mio tocco “personalizzato” , infatti le persone che mi telefonavano per prendere un appuntamento mi dicevano ” mi hanno dato il suo numero .So che lei è un po’ alternativa e questo mi piace”. Ancora sorrido pensando a quell’espressione ” un po’ alternativa”.

Purtroppo però , ma questo è stato ed è un limite mio, non riuscivo  a legittimare la mia parte più alternativa dentro al setting terapeutico. Alcuni colleghi , quelli più illuminati, sono riusciti mirabilmente ad integrare queste due parti quella più “ortodossa e purista” e l’altra più “sciamana”. Io non ci riuscivo. Sentivo il bisogno di uscire da quella “scatola “.  Devo accettare questo limite. La definizione di psicologa e psicoterapeuta, per come la vivevo, mi costringeva dentro un perimetro di azione troppo angusto per me. Non ce l’ho fatta e ho dovuto prendere una decisione drastica, anche se molto ponderata, non assolutamente frutto di un colpo di testa. Ho capito che se avessi continuato così  avrei perso la parte più autentica di me.  Ho preso coraggio e mi sono cancellata dall’Ordine tra gli sguardi sbigottiti delle persone intorno a me.

Ero riconoscente e grata per tutto ma sentivo che il mio daimon premeva dicendo di andare oltre, senza accettare compromessi. A 53 anni stavo mollando tutto ciò che avevo costruito ma senza alcun rimpianto. Scelsi me stessa. Scelsi la libertà di essere ciò che mi sentivo.

A dare un’accelerata rispetto a questa decisione  furono due eventi:

Arriva l’anno 2019. Da lì tutto cambia, ossia tutto quello che ribolliva dentro profondamente prese il coraggio di emergere senza se e senza ma in modo irreversibile.

Settembre 2019 mia madre viene operata all’anca. Contemporaneamente mio padre, che soffriva di demenza da tempo, si aggrava ed accade la cosa più sconvolgente, credo, che possa capitare ad un figlio. Mio padre il cui volto si illuminava di uno splendido sorriso quando mi vedeva, che mi adorava da sempre anche nella malattia, proprio in quei giorni ha un drastico peggioramento. Mia madre era all’ospedale e mio padre dopo vari giorni di peggioramento costante ebbe una crisi psicotica, riuscì ad uscire di casa con il cagnolino, lo raggiunsi subito ma non mi riconobbe e pensò che io fossi una persona estranea che gli voleva portare via il suo cagnolino. Mi guardò con uno sguardo iniettato di odio e mi disse che se mi avvicinavo mi avrebbe sparato in testa. Quello fu il nostro commiato. Da quel momento mio padre non tornò più lucido. Da lì un calvario. Ho visto mio padre legato al letto con le mani livide, urlante nonostante i sedativi. Con lo sguardo perso in un altrove irraggiungibile.  In Ottobre “finalmente” mio padre lascia la prigione di quel corpo che non era più utile se non a togliergli dignità. E’ tornato ad essere libero. Credo che mio padre abbia approfittato per andarsene di un momento in cui mia madre era distratta per la sua salute, mentre di solito si occupava di lui e, per quanto riguarda me, forse non sarebbe stato possibile, per l’amore che ci legava, dirsi addio da lucido e così come un estremo, ultimo gesto di amore, mi ha portato a desiderare con tutta me stessa ciò che è sempre stato il mio incubo: la sua morte. Ma da lì qualcosa dentro di me si è rotto. O, forse, ho trasformato i cocci, come sono soliti fare i giapponesi per ricucire i frammenti dell’oggetto rotto con la tecnica del ” Kintsugi” utilizzando, nella frattura, come collante, dell’oro liquido, impreziosendolo, pur nel ricordo della avvenuta rottura. Trovandomi ad affrontare un lutto così importante e a confrontarmi con il tema della morte per me così assillante fin da piccola è come se mi fossi cominciata a fare delle domande sempre più incalzanti ” sono davvero felice nella mia vita? ” ” se morissi tra un mese potrei dire di avere vissuto ciò che era davvero era importante per me”?

Poco tempo dopo mi è tornata in mente l’immagine di un articolo che mi lesse mio padre quando avevo circa 10 anni di cui ricordo perfettamente il titolo “investire in felicità”. Non stavo affatto investendo in felicità stavo solo sopravvivendo, piena di lavoro, che portavo avanti con solo una parte di me e perdendo di vista i veri doni della vita.

Forse pensavo che mio padre non avrebbe approvato la mia parte meno “saturnina”, ossia quella più “uraniana” dirompente, alternativa  ed ho potuto concedermelo solo dopo la sua morte? Forse la morte di mio padre mi ha riconnessa con ciò che era veramente importante, alla vita vera?  Forse. Ma non ha molta importanza il perchè.  Il coraggio che ho sentito dentro veniva dall’Anima o comunque dalla mia essenza più profonda. Questa era l’unica cosa certa. Ho anche riflettuto su tutto il tempo impiegato nello studio con i pazienti, dove ultimamnete il tempo gestiva me, non io il mio tempo, e che avrei potuto godermi di più mio padre. Anche questo mi portò a chiedermi dove stavo andando? Cosa stavo cercando? A chi volevo dimostrare cosa?

Poi di lì a poco un altro ribaltone. Arriva il Covid.

Da lì un nuovo delirio. Dopo i primi tempi caratterizzati dalla paura, ebbi sempre più la consapevolezza di quello che stava accadendo dietro le quinte. Le tecniche di manipolazione di massa che stavano utilizzando i poteri forti per soggiogare la popolazione. Usando tecniche antiche ma molto efficaci, usate anche nel periodo nazista, che utilizzavano risultati di esperimenti di psicologia sociale, in cui si provvedeva, dapprima, a diffondere il panico, creando situazioni di emergenza,a quel punto si provvede ad isolare le persone, si fa loro temere per la sopravvivenza, si polarizzano i pensieri in modo manicheo, da una parte i buoni dall’altra i cattivi ed ecco che otteniamo tanti bambini spaventati che, persa la lucidità, accettano cose che mai avrebbero accettato in altri momenti, delegando le decisioni rispetto alla propria vita, ad un non meglio precisato Adulto ed affidandosi completamente ad esso.

La capacità critica viene annientata completamente.

Ogni giorno mi chiedevo come mai gli Ordini degli Psicologi che avrebbero dovuto avere gli strumenti per riconoscere tutto quello che stava accadendo, non  insorgessero a gran voce, smascherando la manipolazione ingannevole che stava soggiogando le menti. Che illusa!  Anzi, anch’essi asserviti al potere hanno cominciato a segnalare i professionisti che non si erano vaccinati ,sospendendoli dall’Ordine e vietando loro di lavorare anche da remoto, con sedute on line. Come velatamente da un momento all’altro mi hanno impedito di lavorare.  E’ stato un periodo molto difficile emotivamente.

A questo punto il mio malessere già intenso rispetto alla situazione professionale si è ulteriormente acuito e, dopo una ponderata riflessione, mi sono cancellata dall’Ordine. A seguito di questo  legalmente non posso più definirmi psicologa e psicoterapeuta ma  ho maturato la consapevolezza che non ho bisogno di queste etichette per darmi una identità.

Ecco, tutto questo discorso per dire che è circa a questo punto che ho incontrato Graziella.

Nella mia spasmodica ricerca avevo letto già dei libri di Hellinger e avevo fatto alcune sessioni di Costellazioni Familiari. Desideravo ora intraprendere una formazione più continuativa. Navigando su internet mi imbatto nel bellissimo e dolcissimo sorriso di Graziella, i suoi video mi erano piaciuti molto, traspariva il suo entusiasmo, la sua passione . Le ho telefonato. Ho poi partecipato ad una Costellazione e da lì è iniziato il percorso nella sua “Scuola di vita”,  come una chiamata. È da giugno che ne faccio parte e sento che già molte cose si stanno muovendo interiormente.

La sensazione che sto avendo è che lì stanno trovando spazio le mie due parti, le mie due subpersonalità quella più razionale, il MASTINO della mente razionale che sta osservando e la mia parte più “Alternativa” che però nel gruppo di allievi non si sente affatto tale, anzi, ha trovato Anime affini. Proprio come nella fiaba del Brutto Anatroccolo. Ho trovato altri splendidi Cigni  con gli stessi profondi desideri e alla ricerca profonda di loro stessi.

Subito mi sono sentita accolta non solo da Graziella ma anche da tutti gli allievi. Persone eterogenee per formazione ma accomunate da una straordinaria sensibilità, raffinata intelligenza e dal bisogno di incontrare e scoprire se stessi profondamente. Come ho detto loro mi sono sentita subito a casa. Per la prima volta non ho più un senso di inquietudine interiore come di un apolide che cerca una terra.

Quello che mi piace molto è la sospensione di giudizio, l’affidarsi, che parola difficile, al campo energetico, morfogenetico.

Meraviglioso è sentire con il cuore quanto un malessere ed una inquietudine possa affondare le sue radici nel nostro albero genealogico, in dinamiche a cui neanche la mente più brillante avrebbe pensato.

C’è un  rispetto profondo per le rispettive storie. C’è una splendida energia.

Ciò di cui mi sto rendendo sempre più conto è che non è la tua mente a condurre la sessione. Le informazioni non provengono da ragionamenti mentali, da teorie preconfezionate ma da un altrove molto più saggio e spesso, infatti,  ciò che arriva è molto lontano da ciò su cui la mente aveva fatto congetture.

Questo non porta affatto a deresponsabilizzarsi ma induce ad un consapevole mettersi al servizio del campo per essere “usato” in qualità di strumento per essere di aiuto alla persona.

Si percepisce molto bene che il lavoro non ha origine nella mente infatti, quando la costellazione finisce, ti puoi sentire spossato, sorpreso, ma sempre energeticamente pieno e ricco. C’è questo atteggiamento di profondo rispetto verso le persone, le loro storie, i loro antenati. Questo è meraviglioso. RISPETTO e AMORE e UMILTA’.

Grande umiltà nell’essere consapevoli di essere canali di una conoscenza molto più elevata ed affidarsi ad essa mollando il controllo di una mente, spaventata ed  impaurita nel confrontarsi con un mondo a lei estraneo e, quindi, forse, per compensazione, a volte arrogante e “supponente” come tentativo per riprendere un rassicurante, anche se completamente illusoria “gestione dela realtà”.

Non c’è alcuna pretesa di giudizio e semplicemente si lasciano accadere le cose consapevoli che non siamo noi e tanto meno la nostra mente a guidarle.

Sto cercando di applicare il concetto di affidarsi al campo anche nella mia vita ordinaria.

Non è facile ma è un lavoro costante da farsi e in questo gli incontri mensili con Graziella ed il gruppo aiuta a mantenere il focus e la continuità.

Con questo lavoro è più difficile sentirsi soli perchè si matura piano piano la consapevolezza che tutto ciò che accade non è mai casuale ma accade per un motivo evolutivo anche se al momento questo motivo sfugge. Finalmente anche la mia parte che da sempre cercava di riconnettersi a questo livello animico e spirituale ha trovato un senso di appartenenza. Non sto dicendo che sia semplice ma sappiamo che “chi non vuole trova scuse e chi vuole trova modi”. Sto cercando di trovare i  modi. Ho anche scoperto che dietro al sorriso dolce di Graziella c’è una donna guerriera, molto forte, determinata e che non te ne lascia scappare una. Sta sul pezzo e non permette a te di perderlo!

Qui si tocca con mano, anzi con il cuore, la potenza di qualcosa che ci trascende. È  sempre per me magico vedere come, durante ogni costellazione, emerga una dinamica profonda e completamente inaspettata ed imprevista per la mente .  So che la mia parte mentale, che io definisco il mio mastino, non è molto disposta a mollare, forse sta ancora studiando il contesto mentre lascia danzare la “sciamana” mentre è in osservazione ma al momento non pare creare problemi, anzi.

Da quando faccio parte della Scuola di Graziella ho già fatto varie costellazioni e da ognuna ho ricevuto grandi intuizioni e consapevolezze che si sono riverberate nella mia vita fattuale e concreta. Questo è meraviglioso. Vedere come la consapevolezza acquisita non si limiti ad abitare il mondo iperuranio delle idee, disconnesse dalla tua realtà, ma anzi provveda a trasformare ed anche molto repentinamente la tua vita.

Strano come nella psicoterapia più tradizionale spesso si “capisce tanto” ma non cambia nulla mentre nelle sessioni di Costellazioni spesso non si capisce esattamente cosa accada e perchè ma poi le persone cominciano a trasformarsi e a trasformare le loro vite.

Rispetto alla mia professione prima di cominciare il lavoro con Graziella ero molto arrabbiata, mi sentivo tradita e quindi molto rancorosa. Ma è stata dopo una Costellazione proprio su questo tema che ho compreso con il cuore e poi con la mente che era giusto onorare anche questa parte della mia vita. Anche perchè non si può dare spazio al nuovo se non si onora ciò che è accaduto prima. Non tornerò indietro.

E’ stata una fase molto importante della mia vita e, come dice anche Hillmann nel suo libro, se era destino fossi qua, ora, a fare questa esperienza era necessario facessi anche tutte le esperienze precedenti per permettere di preparare il terreno.

Sono pronta a continuare il viaggio.

Sicuramente, ad oggi, la consapevolezza di quanto possa essere complessa la natura di una sofferenza di qualsiasi natura, comunque considerata sempre come una grande opportunità e non solo come problema,  che può avere sia origini legate a vite passate che a dinamiche profonde irrisolte con i propri antenati mi fornisce un’ampio respiro ed un più esteso ventaglio di possibilità rispetto all’inizio.

Posso però già dire che mai come in questo momento della mia vita mi sento di essere nel posto giusto, sto sperimentando un profondo senso di appartenenza e sento che c’è un profondo equilibrio tra ciò che sto dando e ciò che sto ricevendo dalla vita. Sembrerebbero allora soddisfatti i tre Ordini dell’Amore di Hellinger. Sto scherzando naturalmente.  Provo un profondo senso di gratitudine per dove sono e per ciò che sono e che mi auguro di diventare . Merito ( il concetto di meritare il meglio è un mantra meraviglioso di Graziella) di assaporare pienamente la vita, occupandomi di ciò che amo fare e delle persone che amo. Sono impegnata a vivere e a stare nel flusso della vita.

Sono pronta per questa nuova avventura con la Scuola di Vita di Graziella certa di portare a casa profonde consapevolezze, trasformazioni e liberandomi ancora di più di zavorre che ancora porto inconsapevolmente con me.

Un grazie a tutti coloro che hanno intralciato la mia strada perchè mi hanno aiutato a capire quale fosse . Un grazie anche e, soprattutto, a coloro che, invece, mi hanno sempre sostenuta nel percorrerla e tra questi un grazie speciale al mio Papà.

Mi sento di concludere citando una frase che amo molto della  Kubler -Ross:

“Se qualcuno avesse protetto i canyon dal vento,

oggi non avremmo le loro magnifiche sculture di pietra”.

 

 

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    GRAZIELLA BERTOZZI

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