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Percorso formativo

FORMAZIONE IN COSTELLAZIONI FAMILIARI, SISTEMICHE E ORGANIZZATIVE

FORMAZIONE IN COSTELLAZIONI FAMILIARI, SISTEMICHE E ORGANIZZATIVE - Graziella Bertozzi

PROGRAMMA

 

Anno 2023-24

"Una scuola di vita"

 

Quali sono le doti di un bravo costellatore?

 1. Maturitá personale
 
L'esperienza di vita del Costellatore fa la differenza per poter condurre con  successo una Costellazione
 (Detto di Bert Hellinger: „ E che ne sa chi non ha sofferto?“)

2. Chiarezza interiore

  Aver lavorato su se stessi al punto da avere sufficiente chiarezza per poter trattare ogni persona liberi da emozioni personali.

3. Capacità di distinguere fra i vari sentimenti

Solo dopo aver esperimentato la riconciliazione e la pacificazione nelle nostra vita, siamo in grado di interpretare i sentimenti del cliente e di capire qual é il tipo di sentimento nascosto dietro la sua richiesta. Per esempio bisogna capire se si tratta di un sentimento superficiale, egocentrico, basato sulla curiosità, basato su rimproveri o irrettimenti.

 4. Affidarsi al "Campo"
 Riconoscere che c'è qualcos'altro di più grande di noi, che guida il processo durante la rappresentazione.
 
TEMI

Gli Ordini dell'amore

Fondamenti del lavoro con le Costellazioni Familiari

Vivere in armonia con le forze essenziali

Imparare a lasciarsi andare ad una Forza superiore immanente

Lavorare con la risorsa dell'amore e non con il problema

Come riportare ordine, armonia e pace, dove c'è stato disordine, disarmonia e conflitto.

 Il Campo moefogenetico

Il campo energetico che ci connette tutti 

L'amore che guarisceMorte e traumi nel sistema familiare

Riconciliazione tra aggressori e vittime e i loro discendenti

Essere in accordo con la vita e con la morte

Genitori e figli

L'immagine primordiale dell'aiuto è la relazione tra genitori e figli, soprattutto la relazione tra madre e figlio.

I genitori danno e i figli prendono.

Amore a prima vista, amore a seconda vista - 
Soluzioni nelle relazioni di coppia
 
Gli ordini dell'aiutare
 Aiutare è andare al di là di se stesso, in qualcosa di più grande e comprensivo, aiutare è un'arte,
 
Il lavoro con le costellazioni nelle sessioni individuali
Con l'aiuto di figurine di plastica
 
Costellazioni Organizzative e aziendali
 
 
 
Introduzione 

Bert Hellinger è il fondatore del metodo delle
Costellazioni Familiari e Sistemiche così come sono praticate oggi.
All’inizio del suo lavoro Hellinger pensava che praticare
le Costellazioni Familiari spettasse a terapeuti e medici.
Oggi, dopo migliaia di costellazioni, si è capito che le Costellazioni Familiari richiedono un modo totalmente diverso di vedere le cose e che non sono paragonabili,
con nessun metodo terapeutico, finora applicato.
Approfondendo questo metodo risulta chiaro che non si tratta di psicoterapia.
Grazie al "Campo Morfogenetico"
che si attiva durante le rappresentazioni, quello che emerge è
che si tratta piuttosto di una "Scuola di vita".
 A questo proposito, è suo il merito di aver portato alla luce e descritto gli “Ordini dell’amore”. Perciò ora siamo in grado di comprendere e di gestire le relazioni tra le persone sotto un aspetto completamente nuovo. Lui mette a disposizione le sue esperienze e scoperte a tutti gli interessati.
Non pone limiti a chi vuole intraprendere questa professione. Questo percorso formativo che propongo è rivolto, sia a persone interessate a intraprendere questa professione, sia a persone che vogliono utilizzare le costellazioni familiari, come metodo di crescita personale e per migliorare la propria vita in tutti i campi.
 
Come operano le Costellazioni Familiari
Spesso la nostra vita viene condizionata da destini e sentimenti che non sono veramente nostri. Malattie gravi, desiderio di morte, problemi sul lavoro possono essere dovuti a grovigli sistemici familiari che vengono portati alla luce attraverso il processo delle Costellazioni Familiari e Sistemiche. E' come se ci fosse una Forza più grande che ci guida, affinchè ogni uomo o donna sulla Terra, dovesse contribuire, con il suo destino, a riportare ordine, dove c’è stato disordine, riportare la pace dove c’è stato conflitto, fare rifluire l’amore dove si era bloccato. Questa Forza più Grande è un campo energetico che ci collega tutti, con quelli che sono stati, con quelli che sono ora, e con quelli che verranno. Questo campo che gli scienziati chiamano "Campo Morfogenetico", si manifesta ed agisce in particolare durante il processo delle Costellazioni, facendo accedere i singoli rappresentanti del Gruppo di lavoro, ad informazioni che altrimenti non potrebbero conoscere. Questo permette di ricreare la situazione e l'evento dove l'amore e l'energia si erano bloccati, come nel caso di destini incompiuti o nefasti, dandoci la possibilità di riportare l'equilibrio e l'armonia. Le Costellazioni nascono in Germania negli anni ’80 messe a punto da Bert Hellinger. In questi trent’anni si sono diffuse in tutto il mondo per la profondità dei temi che trattano e per la loro efficacia. La caratteristica principale è quella di fare riferimento agli “ordini dell’amore” e alle forze guaritrici delle origini del sistema familiare. Un metodo straordinario per sciogliere i nodi che ci tengono legati al passato,
per mettere ordine nelle relazioni familiari, ma che opera anche in altri "sistemi",
come l'azienda, le scuole, gli ospedali le carceri etc.

Dove si applicano le Costellazioni Familiari
Molto efficaci nella terapia familiare, di gruppo, di coppia, individuale, nella scuola, negli ospedali, negli uffici, in azienda, nelle carceri.
In particolare:
  • Relazioni con la famiglia di origine o con alcuni dei suoi membri come genitori, fratelli etc.
  • Relazioni con la famiglia attuale (partner, ex parner, figli etc)
  • Relazioni con amici e conoscenti
  • Problemi sul posto di lavoro, o con la propria professione
  • Problemi connessi a blocchi che ci impediscono di esprimere il nostro potenziale nella vita
  • Problemi legati alla salute (malattie, depressioni, stati di ansia, emozioni bloccate)

Informazioni generali
Al termine del percorso formativo, sarà possibile dare l'esame per Operatore Olistico Siaf Italia.
L’obiettivo di questa formazione é di fornire al futuro costellatore le competenze e gli strumenti necessari che gli permettono di apprendere, comprendere e di applicare le basi delle costellazioni. Riguardo al contenuto si tratta in particolare di fare conoscere i vari livelli delle coscienze, gli ordini dell’amore e le basi delle costellazioni familiari in tutti i loro vari aspetti. Il futuro costellatore impara anche a onorare la sacralità del lavoro e del posto in cui opera.Come atteggiamento interiore il futuro costellatore, nell’andare avanti con la formazione, adotta i quattro atteggiamenti principali
della relazione d'aiuto:
Ascolto, Presenza, Affidamento a qualcosa di più Grande, Rispetto.
 
Il  programma di formazione é indirizzato concretamente allo sviluppo della personalità e della consapevolezza dei partecipanti e va accompagnato, sostenuto e approfondito, dalla letteratura obbligatoria, dallo studio del materiale audio e video, attraverso l’esercitarsi in seminari, in lavori individuali e di gruppi propri e trova la sua conclusione in una tesina su un tema scelto personalmente.
Durante le sessioni ci saranno vari momenti di condivisione
delle esperienze fatte e laboratori pratici.
 
Come iscriversi

Il Programma prevede un ciclo di 16 incontri di Laboratorio di una giornata da svolgersi in 18 mesi. Contemporaneamente l'allievo dovrà partecipare come rappresentante/osservatore ad almeno 8  incontri di una giornata con clienti esterni a cadenza mensile di Costellazioni Familiari e sistemiche già in calendario. ll lavoro sui legami familiari dei partecipanti alla Formazione si fa prevalentemente nei Laboratori. Gli incontri con i clienti esterni servono soprattutto per fare esperienza sul "campo" con persone esterne e trarre spunti per il lavoro nei laboratori. Questi sedici incontri permettono al partecipante di lavorare soprattutto su se stesso. Quando l'allievo sarà pronto, potrà sostenere l'esame S.I.A.F Italia per Operatore Olistico Professionale.
Questa formazione è rivolta sia a coloro che scelgono il metodo delle Costellazioni Familiari per un loro percorso di crescita e di sviluppo personale, sia per coloro che intendono intraprendere questa professione. 

Per iscriversi è necessario un primo colloquio di approfondimento sulle motivazioni del partecipante. Per le date degli incontri andare sulla seguente pagina di questo sito. 

 

Graziella Bertozzi

 

Armonizzatore familiare Trainer SIAF Italia N. ER101T-AF

 Auditor SIAF Italia  n. 58

Dal 2005 mi occupo di Costellazioni Familiari e sistemiche. Ho appreso questo metodo direttamente dal suo fondatore Bert Hellinger, incontrato a Roma nel 2002.  Subito dopo ho iniziato un percorso di formazione che è durato tre anni, con lui e con una decina di suoi allievi di origine tedesca, in Italia e in Germania.
Passione e gioia caratterizzano  da sempre il mio lavoro e il mio impegno rivolto alla crescita personale e spirituale mia personale e delle persone che si affidano alla mia esperienza. Viaggiatrice per terra e per mare, ho raccolto tutte le mie esprienze di vita, per integrare al meglio questa Formazione in particolare mi riferisco ai vent'anni anni di gestione di aziende di comunicazione nel campo della salute, ai quattro anni di formazione con L'Accademia delle Medicine Integrate, ai quattro anni di corsi con il dott. Roy Martina, ai vari percorsi di Nuova Medianità, di Psicogenealogia e Psicobiologia degli esseri viventi, ai percorsi di trasformazione e guarigione organizzati in Italia e in varie parti del mondo come: i percorsi a piedi nel deserto marocchino e il Seminario "guarire con i colori della Maldive" 
Da settembre 2005 sono un punto di riferimento nella città di Bologna  per la costanza nella diffusione del metodo delle Costellazioni Familiari attraverso conferenze gratuite che tengo mensilmente presso il Centro Natura e quale facilitatrice di Gruppi di lavoro a cadenza mensile e Sessioni individuali, con l'aiuto di figure di plastica.

Per maggiori informazioni e prenotazioni:

graziella@costellazionifamiliaribologna.it  
tel. 348 3906042
 
Attività disciplinata ai sensi della legge 4/2013

 

 

BIBLIOGRAFIA

BIBLIOGRAFIA - Graziella Bertozzi

 

 
 
 

BIBLIOGRAFIA TESTI IN ITALIANO

Bert Hellinger, Gabriella ten Hoovel

“Riconoscere ciò che è”

Edizioni URRA

 

Bert Hellinger

“I due volti dell’amore”

Edizioni Crisalide

 

Bert Hellinger

“Ordini dell’amore”

Edizioni URRA 

 

Bertold Ulsamer

“Senza Radici non si vola”

Edizioni Crisalide

 

Marianne Franke-Gricksh

“Tu sei uno di noi”

Edizioni Crisalide

 

Wilfried Nelles

“Costellazioni familiari secondo 

l’approccio di Bert Hellinger”

Edizioni Apogeo

 

Wilfried Nelles

“Nella buona e nella cattiva sorte”

Edizioni URRA

 

Bert Hellinger

“Aneddoti e brevi racconti”

Edizioni Tecniche Nuove

 

GLI ORDINI DELL'AIUTARE

GLI ORDINI DELL'AIUTARE - Graziella Bertozzi

 

Cosa significa aiutare?

Aiutare è un’arte. Come ogni altra arte implica una capacità che si può acquisire ed esercitare. Ed è anche necessario immedesimarsi in chi cerca aiuto; la prospettiva è dunque ciò che gli corrisponde e ciò che, allo stesso tempo, va oltre, verso qualcosa di più ampio.


Aiutare come compensazione

Noi uomini dipendiamo dall’aiuto degli altri. Solo così possiamo svilupparci. Allo stesso tempo siamo anche predisposti ad aiutare gli altri. Chi non è necessario agli altri, chi non può aiutare, diventa solitario e intristisce. Aiutare non serve dunque solo agli altri, ma anche a noi stessi. L’aiuto è generalmente reciproco, come ad esempio fra i partners. Viene regolato dal bisogno di compensazione. Chi ha ricevuto dagli altri ciò che desidera e di cui ha bisogno, vuole dare qualcosa e quindi compensare l’aiuto ricevuto. Spesso le possibilità di compensare restituendo sono limitate, come ad esempio nei confronti dei genitori. Ciò che ci hanno donato è troppo grande per poterlo compensare dando a nostra volta. Quindi l’unica cosa che ci resta da fare è accettare ciò che ci viene donato ed esprimere il ringraziamento che viene dal cuore. La compensazione, donando a nostra volta, e la conseguente liberazione sono possibili in questo caso solo trasmettendo ad altri, ad esempio ai figli, ciò che abbiamo ricevuto.
Dare e prendere avvengono dunque a due livelli. Fra pari si mantiene sullo stesso livello e richiede reciprocità. Nell’altro caso, fra genitori e figli o fra superiori e bisognosi, esiste un dislivello. Dare e prendere sono dunque un flusso che porta avanti ciò che ha in sé. Questo modo di dare e prendere è più grande. Tiene conto di ciò che viene dopo. Questo tipo di aiuto accresce l’importanza del dono. Colui che aiuta viene trascinato e legato in qualcosa di più grande, ricco e duraturo. Questo modo di aiutare presuppone che abbiamo prima ricevuto e accettato. Solo così sentiamo l’esigenza e la forza di aiutare gli altri, soprattutto se tale aiuto richiede un grande sforzo. Allo stesso tempo, presuppone che coloro che desideriamo aiutare abbiamo bisogno e desiderino ricevere ciò che siamo in grado di donare. Altrimenti il nostro aiuto finisce nel vuoto. Divide invece di unire.


Primo ordine dell’aiutare

Il primo ordine dell’aiutare consiste dunque nel dare solo ciò che si possiede e nell’aspettarsi e accettare solo ciò di cui si ha bisogno. Il primo disordine dell’aiutare inizia quando vogliamo dare ciò che non abbiamo e prendere ciò di cui non abbiamo bisogno. Oppure quando ci aspettiamo e pretendiamo dall’altro ciò che non ci può dare, perché non lo possiede. Ma anche quando non dobbiamo dare qualcosa perché sottrarrebbe all’altro qualcosa che può o deve sopportare da solo. Dare e prendere hanno dunque dei limiti. Riconoscere tali limiti e rispettarli fa parte dell’arte dell’aiutare. Questo modo di aiutare è umile. Spesso rinuncia ad aiutare di fronte alle aspettative e al dolore. Ciò che chi aiuta deve pretendere da se stesso e da colui che cerca aiuto ci viene mostrato dalle costellazioni familiari. Questa umiltà e questa rinuncia contraddicono molti punti di vista tradizionali sul giusto modo di aiutare ed espongono spesso il facilitatore ad accuse e attacchi.

 

Secondo ordine dell’aiutare

L’aiuto serve da una parte alla sopravvivenza e dall’altra allo sviluppo e alla crescita. Sopravvivenza, sviluppo e crescita sono legati a particolari condizioni, sia interiori che esteriori. Molte condizioni esterne sono predefinite e non possono essere modificate, come ad esempio una malattia ereditaria oppure le conseguenze di determinati eventi o di una colpa propria o altrui. Se l’aiuto non tiene in considerazione le condizioni esterne, è destinato a fallire.

Ciò vale ancora di più per le condizioni interiori. Ne fanno parte lo specifico compito personale, l’irretimento nei destini di altri membri della famiglia e l’amore cieco che, sotto l’influsso della coscienza, resta legato al pensiero magico. Ho spiegato le ripercussioni concrete di tutto ciò nel mio libro Ordini dell’amore (Tecniche Nuove, 2007)al capitolo “L’amore che fa ammalare e l’amore che guarisce: del Cielo e della Terra”. A molti facilitatori il destino degli altri può apparire difficile da sopportare e vogliono cambiarlo. Tuttavia, spesso, non perché l’altro ne abbia bisogno o lo desideri, ma perché sono loro a non poterlo sopportare. Se ciononostante l’altro si lascia aiutare, non lo fa per necessità, ma per aiutare il facilitatore. In questo modo l’aiuto si trasforma in prendere e l’accettare l’aiuto in dare. Il secondo ordine dell’aiutare consiste dunque nel sottomettersi alle circostanze e nell’intervenire solo nella misura in cui esse lo consentono. Questo aiuto è discreto, ha forza. In questo caso il disordine dell’aiutare consiste nel negare le circostanze invece di guardarle negli occhi insieme a chi ha bisogno di aiuto. Voler aiutare opponendosi alle circostanze indebolisce sia il facilitatore che colui che si aspetta aiuto, oppure colui a cui viene offerto o addirittura imposto aiuto.


L’immagine primordiale dell’aiutare

L’immagine primordiale dell’aiutare è il rapporto fra genitori e figli, in particolare fra madre e figlio. I genitori danno, i figli prendono. I genitori sono grandi, superiori e ricchi, i figli sono piccoli, bisognosi e poveri. Dal momento che genitori e figli sono legati da un profondo amore, fra loro dare e prendere può essere pressoché illimitato. I figli possono aspettarsi quasi tutto dai genitori. I genitori sono pronti a dare quasi tutto ai propri figli. Nel rapporto fra genitori e figli le aspettative dei figli e la disponibilità dei genitori a soddisfarle sono necessarie e quindi giustificate. Tuttavia lo sono solo finché i figli sono piccoli. Con il passare del tempo i genitori tracciano dei limiti contro cui i figli possono scontrarsi e maturare. I genitori sono meno affettuosi nei confronti dei figli? Sarebbero genitori migliori se non ponessero dei limiti? Oppure sono bravi genitori proprio perché pretendono dai figli qualcosa che li prepara a diventare adulti? Molti figli si arrabbiano con i genitori perché avrebbero preferito mantenere l’originaria dipendenza. Tutta via è proprio ritraendosi e deludendo le aspettative che i genitori aiutano i propri figli a liberarsi della dipendenza e ad agire, passo dopo passo, sotto la propria responsabilità. Solo così i figli assumono il proprio posto nel mondo degli adulti e si trasformano da coloro che prendono in coloro che danno.


Terzo ordine dell’aiutare

Molti facilitatori, ad esempio nel campo della psicoterapia e nel sociale, credono di dover aiutare coloro che chiedono aiuto come fanno i genitori con i propri figli. Allo stesso modo, molti di coloro che hanno bisogno di aiuto si aspettano di essere aiutati come fanno i genitori con i figli, per ricevere a posteriori ciò che ancora si aspettano e pretendono dai genitori. Cosa accade se i facilitatori soddisfano tali aspettative? Si instaura un rapporto duraturo. Dove porta tale rapporto? I facilitatori si trovano nella stessa posizione dei genitori di cui hanno preso il posto mediante questo tipo di aiuto. Passo dopo passo devono porre dei limiti a coloro che cercano aiuto e deluderli. Essi sviluppano spesso nei confronti dei facilitatori gli stessi sentimenti che provavano prima per i genitori. In questo modo, agli occhi dei clienti, i facilitatori, che si sono sostituiti ai genitori e magari pretendono addirittura di essere genitori migliori, diventano come i genitori. Molti facilitatori restano intrappolati nel transfert e controtransfert fra figlio e genitori e rendono difficile al paziente il commiato sia dai genitori che da loro. Allo stesso tempo un rapporto improntato sul transfert fra figli egenitori impedisce anche lo sviluppo personale e la maturazione del facilitatore. Lo spiego attraverso un esempio. Se un uomo giovane sposa una donna più anziana, molti pensano che stia cercando una sostituta della madre. E lei cosa cerca? Un sostituto del padre. Lo stesso vale anche al contrario. Quando un uomo più anziano sposa una donna giovane, molti pensano che questa stia cercando un padre. E lui? Cerca una sostituta della madre. Quindi, per quanto strano possa sembrare, chi mantiene a lungo una posizione di superiorità o cerca addirittura di conservarla, si rifiuta di assumere il proprio posto alla pari con gli altri adulti. Tuttavia vi sono situazioni in cui è opportuno che il facilitatore assuma il ruolo dei genitori per un periodo di tempo limitato, ad esempio quando è necessario portare a termine un movimento di avvicinamento interrotto*. Al contrario del transfert fra figli e genitori, in questo caso il facilitatore rappresenta i veri genitori e non prende il loro posto come madre o padre migliore. Per questo i clienti non devono separarsi da loro. Il facilitatore lo allontana da sé e lo porta verso i genitori. In questo modo entrambi sono liberi. Questo modello di accettazione dei veri genitori consente a colui che aiuta di evitare in partenza il transfert fra figli e genitori. Se rispettano nel proprio cuore i genitori dei clienti, se sono in armonia con questi genitori e con il loro destino, nel facilitatore i clienti incontrano anche i propri genitori. Non possono più sfuggire ai loro genitori. Lo stesso vale quando i facilitatori hanno a che fare con dei bambini. Se i facilitatori si limitano a rappresentare i genitori, i clienti si sentono sollevati nei loro confronti. I facilitatori non prendono il posto dei genitori. Il terzo ordine dell’amore prevede dunque che il facilitatore si ponga da adulto di fronte a un adulto che cerca aiuto. In questo modo respinge i tentativi di quest’ultimo di relegarlo nel ruolo di genitore. Che ciò venga considerato duro e criticabile, è comprensibile. Paradossalmente tale “durezza” viene spesso criticata come presunzione anche se, guardando più attentamente, nel caso di un transfert fra figli e genitori il facilitatore è molto più presuntuoso. Il disordine dell’aiutare consiste nel permettere a un adulto di avanzare pretese nei confronti del facilitatore come quelle di un figlio verso i genitori e quando il facilitatore tratta il cliente come un bambino e gli sottrae qualcosa che può e deve sopportare da solo. È proprio l’accettazione del terzo ordine dell’aiutare che maggiormente differenzia il metodo delle costellazioni familiari e il lavoro con i movimenti dell’anima dalla psicoterapia tradizionale.

*Se un bambino piccolo non è riuscito a raggiungere il padre o la madre, anche se lo desiderava e ne aveva realmente bisogno, ad esempio in caso di un ricovero prolungato in ospedale, il suo desiderio si trasforma in tristezza, disperazione e rabbia. Poi il bambino si ritrae dai genitori e in futuro anche dalle altre persone, anche se in realtà ne ha bisogno. Le conseguenze di un movimento di avvicinamento interrotto possono essere superate se il movimento originario viene ripreso e può essere portato a compimento. In questo caso il facilitatore rappresenta la madre o il padre di allora e il cliente può completare il movimento di avvicinamento interrotto come il bambino di allora.


Quarto ordine dell’aiutare

Sotto l’influsso della psicoterapia classica coloro che aiutano affrontano spesso il cliente come individuo isolato. Anche in questo caso corrono il rischio di creare un transfert fra figli e genitori. Tuttavia il singolo fa parte di una famiglia. Solo percependolo come membro di una famiglia il facilitatore si rende conto di chi ha bisogno il cliente e nei confronti di chi è in debito. Egli percepisce veramente colui che ha bisogno di aiuto solo nel momento in cui lo vede insieme ai genitori e agli antenati e magari anche con il partner e ifigli. In questo modo si rende conto di chi all’interno della famiglia ha bisogno del suo rispetto e del suo aiuto e a chi il cliente deve rivolgersi per comprendere quali passi deve compiere. Quindi il facilitatore si deve immedesimare in modo non tanto personale quanto sistemico. Non deve instaurare un rapporto personale con il cliente. Questo è il quarto ordine dell’aiutare. In questo caso il disordine dell’aiutare consiste nel non tenere in considerazione e non rispettare altre persone importanti che hanno in mano la chiave della soluzione. Ne fanno parte in particolare i membri della famiglia esclusi, ad esempio per motivi di vergogna. Anche in questo caso si corre il rischio che questo modo sistemico di immedesimarsi venga giudicato duro dai clienti, in particolare da coloro che avanzano pretese infantili nei confronti dei facilitatori. Chi invece cerca una soluzione in modo adulto percepisce il metodo sistemico come una liberazione e una fonte di forza.


Quinto ordine dell’aiutare

Il metodo delle costellazioni familiari unisce ciò che prima era diviso. In questo senso è al servizio della riconciliazione, soprattutto con i genitori. Essa viene ostacolata dalla distinzione fra bene e male compiuta spesso da coloro che aiutano sotto l’influsso della coscienza e dell’opinione pubblica imbrigliata nei limiti di tale coscienza. Ad esempio, quando un cliente si lamenta dei propri genitori, delle proprie condizioni di vita o del proprio destino e il facilitatore fa proprio tale punto di vista, si mette al servizio del conflitto e della separazione e non della riconciliazione. Aiutare al servizio della riconciliazione è possibile solo se il facilitatore attribuisce un posto nella propria anima a ciò di cui il cliente si lamenta. In questo modo il facilitatore compie nella propria anima ciò che il cliente deve ancora portare a termine. Il quinto ordine dell’aiutare è dunque l’amore nei confronti di tutti, così come sono, per quanto possano essere diversi da noi. In questo modo il facilitatore apre il proprio cuore. Diventa parte dell’altro. Ciò che si è riconciliato nel suo cuore si riconcilia anche nel sistema del cliente. In questo caso il disordine dell’aiutare è costituito dal giudizio nei confronti degli altri, che è generalmente una condanna ed è legato allo sdegno moralistico. Chi aiuta veramente, non giudica.


La percezione speciale

Per poter agire nel rispetto degli ordini dell’aiutare, è necessaria una percezione speciale. Ciò che ho detto sugli ordini dell’aiutare non deve essere applicato in modo rigido e metodico. Chi ci prova pensa invece di percepire. Riflette e fa riferimento a esperienze precedenti invece che esporsi alla situazione e riuscire a comprenderne l’essenziale. Questo tipo di percezione è dunque mirata e allo stesso tempo distaccata. Questo tipo di percezione consente di orientarsi verso una persona senza aspettarsi nulla di preciso, tranne che comprenderla interiormente e stabilire il successivo passo da compiere. Questa percezione scaturisce dal raccoglimento. In esso si abbandonano la riflessione, gli obiettivi, le differenziazioni e le paure. Ci si apre a qualcosa che ci muove dall’interno. Chi ha provato ad abbandonarsi ai movimenti dell’anima nel ruolo di rappresentante durante la rappresentazione di una costellazione familiare e si è sentito guidato in modo assolutamente sorprendente, sa di cosa sto parlando. Percepisce qualcosa che determina movimenti precisi, immagini e voci interiori e sensazioni insolite, al di là del suo modo di pensare consueto. Lo guidano dall’esterno e, allo stesso tempo, dall’interno. Percepire e agire coincidono. Questo tipo di percezione è dunque meno ricettivo e descrittivo, ma più produttivo. Porta all’azione e grazie a essa diventa più profonda. Il periodo in cui si è in grado di aiutare sulla base di tale percezione è generalmente breve. Si limita all’essenziale, mostra il passo successivo, sparisce velocemente e ci lascia presto alla nostra libertà. Si tratta di un aiuto in quell’attimo. Ci si incontra, si dà un consiglio, ma poi ognuno percorre la propria strada. Questo tipo di percezione riconosce quando è opportuno aiutare e quando è dannoso, quando ostacola più che favorire, quando serve a lenire più la propria sofferenza che quella dell’altro. Ed è umile.