di Bert Hellinger e Gabriella ten Hoevel
Questa è la riproduzione dell'intervista concessa da Bert Hellinger a Radiosud 2 di Stoccarda, con la quale egli presentò agli ascoltatori il suo modo di lavorare. É anche il dialogo iniziale del libro "Riconoscere ciò che è", pubblicato dalle edizioni Urra-Apogeo di Milano, e funge da introduzione all’opera ed al pensiero di Hellinger.
GABRIELLA TEN HÖVEL "Terapia sistemica della famiglia", che cos’è?
BERT HELLINGER Con la terapia sistemica della famiglia si cerca di scoprire se qualcuno, all’interno della "famiglia estesa", è irretito nei destini di precedenti membri familiari. L'irretimento si può notare con la messa in scena delle costellazioni familiari, e nel momento in cui diventa evidente, è possibile liberarsene.
Che cosa sono le "costellazioni familiari"? Facciamo subito un esempio, così possiamo parlarne meglio. È tratto da un seminario tenuto da Bert Hellinger, in occasione di un congresso a Garmisch.
I malati, con i quali lavora, stanno seduti in un grande cerchio, intorno al quale circa 400 membri del congresso osservano quel che accade. Il lavoro inizia nel momento in cui Bert Hellinger chiede ai malati di cosa soffrono.
L'esempio che riportiamo, riguarda un giovane, che chiameremo Max, che soffre dal suo diciottesimo anno di vita di una malattia che si manifesta con accelerazioni del battito cardiaco e disturbi vegetativi.
MAX Ci sono molti conflitti nella mia famiglia. Mia madre e mio padre vivono separati. Mia madre e mio nonno hanno litigato. Ci sono molti problemi pratici, e mi chiedo come posso fare in modo che vadano tutti d'accordo.
HELLINGER (al pubblico) Nel mio lavoro, solo poche informazioni sono importanti, e riguardano solo gli avvenimenti esterni, determinanti, non cosa pensano o fanno le persone. Max ha già dato un'informazione importante: i genitori sono separati. Altri avvenimenti incisivi potrebbero essere la morte di fratelli, se qualcuno è stato escluso o espulso dalla famiglia, precedenti soggiorni ospedalieri, complicazioni durante la nascita, o se la madre è morta durante il parto.
(A Max) ci sono avvenimenti di questo tipo da te?
MAX È morta la sorella gemella di mia madre.
HELLINGER Questo mi basta. È un fatto così determinante, che probabilmente mette in ombra tutto il resto. Metti in scena innanzitutto la tua famiglia d’origine. Ad essa appartengono la madre, il padre, quanti figli?
MAX Ho anche una sorella più giovane.
HELLINGER OK, adesso metti in scena queste quattro persone. Scegli tra il pubblico qualcuno che rappresenti tuo padre, tua madre, tua sorella e te. Prendi qualcuno a caso. Basta che tu metta in scena quattro persone.
Poi va' da ognuna di loro, prendila con tutte e due le mani e conducila al suo posto, senza dire niente. Nemmeno i rappresentanti dovranno parlare. Mettili in relazione fra loro, seguendo l'immagine interiore della famiglia così come ti viene mentre lo fai.
La messa in scena della famiglia
Max sceglie ora fra il pubblico delle persone completamente sconosciute per rappresentare il padre, la madre, la sorella e se stesso, e li mette in relazione tra di loro secondo il sentire del momento. In questo caso il padre volta le spalle alla madre, mentre il figlio (Max), sta di fronte alla madre. Ed ecco che persone scelte a caso, che non conoscono né Max né la storia della sua famiglia, si trovano lì in piedi. Che cosa dovrebbe succedere?
La cosa strana di queste rappresentazioni è che le persone scelte, non appena si trovano nella costellazione, hanno sensazioni simili a quelle dei membri familiari che rappresentano. Provano in parte anche i loro sintomi, senza aver avuto alcuna informazione al riguardo. Per esempio, una persona che rappresentava un epilettico, ebbe un attacco epilettico. Oppure succede spesso che a qualcuno si acceleri il battito cardiaco o che una parte del corpo diventi fredda. Andando poi ad indagare, si scopre che la persona che viene rappresentata ha proprio questi sintomi. Sono fenomeni inspiegabili, ma in simili rappresentazioni si verificano centinaia e migliaia di volte.
Qual' è la funzione di questa rappresentazione? Cosa può apprendere da essa?
Da essa vedo quali relazioni hanno tra loro i membri della famiglia. Nell'esempio sopra riportato, il fatto che il padre volti le spalle, mentre il figlio sta direttamente di fronte alla madre, ha un significato particolare. Se lasciamo che questa situazione agisca su di noi, riusciamo a vedere dove sta il problema.
Lei parla di "irretimento". Che cosa intende con questa parola?
Irretimento significa che qualcuno nella famiglia riprende inconsciamente su di sé il destino di un predecessore, e lo vive. Se per esempio in una famiglia un bambino è stato dato via – questo può anche essere accaduto nella generazione precedente -, più tardi un componente della stessa famiglia si comporterà come se anche lui fosse stato messo da parte. E non riuscirà a liberarsi da questa sensazione finché non si renderà conto di essere irretito.
Si arriverà alla soluzione del problema agendo in senso opposto: la persona esclusa viene rimessa in gioco. Viene per esempio aggiunta alla costellazione familiare. Tutt’a un tratto la persona che era esclusa diventa una protezione per chi si era identificato con lei. Se viene di nuovo inclusa e riconosciuta, diventa benevola nei confronti dei discendenti.
Questo non è così facile da capire. Si ripete un destino che neanche si conosce. Per esempio Max non ha mai conosciuto la zia morta. Da dove viene quest’irretimento? Questo ha forse qualcosa a che vedere con ciò che Lei chiama "coscienza della stirpe"?
Proprio così. Evidentemente esiste una coscienza di gruppo. Al gruppo su cui questa coscienza influisce appartengono i bambini, i genitori, i nonni, i fratelli dei genitori ed anche coloro che hanno fatto parte della famiglia ed hanno lasciato il loro posto, per esempio precedenti consorti o fidanzati dei genitori. Se ad uno di questi è stato fatto un torto, nel gruppo c’è un’irresistibile esigenza di compensazione. Ciò significa che l’ingiustizia avvenuta nelle generazioni precedenti in seguito viene di nuovo rappresentata e sofferta da qualcuno, affinché venga finalmente rimessa in ordine. Questa è la cosiddetta coercizione ripetitiva sistemica. Ma questo modo di ripetere non mette mai le cose a posto.
Quelli che devono sobbarcarsi il destino degli esclusi, vengono ingiustamente obbligati a farlo dalla coscienza della stirpe. In realtà, essi sono completamente innocenti. Invece coloro che si sono resi veramente colpevoli, perché per esempio hanno allontanato o scacciato un membro della famiglia, forse, nonostante tutto, se la cavano bene.
La coscienza di gruppo non ha quindi un senso di giustizia per i discendenti, ma solo per i predecessori. Evidentemente questa dinamica ha a che fare con un ordine di base dei sistemi familiari. Segue la legge: chi entra nel sistema, acquisisce lo stesso diritto d’appartenenza di tutti gli altri. Ma se qualcuno viene maledetto o escluso, allora alcuni dicono: "Tu hai meno diritto d'appartenenza di me." Questa è l'ingiustizia che viene espiata tramite l’irretimento, senza che coloro che ne sono colpiti ne siano a conoscenza.
Può fare un esempio, per darci un'idea di come questo meccanismo funzioni di generazione in generazione? Come possiamo immaginarlo?
Posso citare un esempio veramente spaventoso. Tempo fa venne da me un avvocato completamente in lacrime. Aveva fatto ricerche sulla sua famiglia e scoperto quanto segue: la bisnonna, mentre era incinta del marito, conobbe un altro uomo. In seguito il marito morì il 31 dicembre, a 27 anni. Probabilmente fu assassinato. La donna lasciò poi in eredità il podere che aveva ereditato da quest’uomo, non a suo figlio, bensì al figlio di seconde nozze, commettendo così una grave ingiustizia.
In seguito, nel corso delle generazioni, in questa famiglia si suicidarono tre uomini, sempre il 31 dicembre e all’età di 27 anni . Quando l’avvocato si rese conto di queste coincidenze, gli venne in mente che suo cugino aveva appena compiuto 27 anni e che si stava avvicinando il 31 dicembre. In preda a cupi presentimenti, andò da lui per metterlo in guardia, ed in effetti scoprì che il cugino aveva già comperato una pistola per suicidarsi. Così agiscono gli irretimenti.
Quest'avvocato venne ancora una volta da me. Egli era in estremo pericolo, poiché sentiva un forte impulso a suicidarsi. Lo pregai allora di mettersi con la schiena al muro e gli dissi di immaginare l’antenato morto e di dirgli: "Ti do tutto il mio rispetto. Hai un posto nel mio cuore. Renderò nota l’ingiustizia che ti é stata fatta, affinché tutto torni a posto." Così si liberò del suo panico.
Continuando con il nostro esempio, Max, che ha messo in scena la sua famiglia, ora si siede e osserva quello che succede. Hellinger chiede ai rappresentanti dei membri familiari come si sentono.
HELLINGER Come sta il padre?
PADRE Al momento non riesco ancora a sentire come sto.
HELLINGER La madre?
MADRE Mi sento un po’ isolata, e se questo è mio marito, è troppo lontano. In qualche modo sento che c’è un rapporto speciale con mio figlio.
HELLINGER (al pubblico) Il figlio deve prendere il posto di chi? – Della sorella gemella morta della madre! Potete immaginare cosa significhi questo per un bambino.
(Al figlio) Come sta il figlio?
FIGLIO Sento di essere fuori posto. Sto di fronte a loro. Sento anche che c’è un legame forte con mia madre.
HELLINGER Come sta la sorella?
SORELLA Verso sinistra sto male, lì ho uno spiacevole senso di oppressione. Sono più attratta dal fratello.
HELLINGER (al pubblico) Quando in una rappresentazione familiare si nota che una persona è stata esclusa e non appare, il passo successivo è quello di rimetterla in gioco. Perciò adesso metterò in gioco la sorella gemella della madre.
(A Max) Com'è morta?
MAX È stato un incidente particolarmente tragico. Mio nonno era appena tornato dalla guerra, e una domenica pomeriggio, dovette trasportare qualcosa con l’autocarro. Portò con sé la figlia e la moglie. Alla partenza la bambina, giocando con la portiera, cadde fuori e venne investita dal proprio padre. La bambina aveva sette anni.
HELLINGER Scegli adesso qualcuno che rappresenti questa bambina, e mettila vicino a tua madre, molto vicina.
(alla madre) Come stai adesso?
MADRE Meglio, ma è molto vicina.
HELLINGER Va bene così. È importante che stia vicina – Come sta la sorella morta?
SORELLA MORTA Trovo molto piacevole stare così vicina.
HELLINGER Cos’è cambiato adesso per il figlio (Max)?
FIGLIO Sento che adesso il rapporto con la madre non è più così forte. Ho piuttosto l'impulso ad andare verso il padre.
HELLINGER (al pubblico) Esatto. Lui si è alleggerito per il fatto che la sorella gemella della madre è entrata.
È cambiato qualcosa per il padre?
PADRE Mi sento isolato per via della mia posizione che non mi consente di vedere la mia famiglia. Così faccio fatica a capire che cosa sta succedendo.
HELLINGER Da un punto di vista sistemico, quest’uomo non ha alcuna prospettiva con la moglie. La moglie è così legata alla sua famiglia d’origine ed alla sorella gemella, che non può dedicarsi ad un uomo. Perciò questa relazione era destinata a fallire fin dall’inizio. – In questo caso però i figli devono andare dal padre.
(Hellinger mette ora il figlio e la figlia di fronte al padre)
HELLINGER (al figlio) Come stai qui?
FIGLIO Mi dà una sensazione più armonica. Adesso sento una relazione più forte con il padre. La sorella vicino a me in un certo senso mi dà forza.
HELLINGER (alla figlia) Come stai adesso?
FIGLIA Meglio. Ma stavo già bene prima, quando è comparsa la sorella gemella di mia madre.
HELLINGER Padre?
PADRE Mi sento molto meglio se ho qualcuno di fronte che mi guarda.
HELLINGER Il figlio deve stare per un certo periodo vicino al padre. Proprio vicino. Questa è per lui la forza guaritrice.
(a Max) Puoi seguirmi?
MAX Un po’. Cioè, per anni non c'è stato alcun contatto con mio padre. Negli ultimi anni, invece, ci siamo frequentati più spesso, ma mi turba il fatto che lui abbia nei miei confronti delle aspettative che sento di non poter esaudire.
HELLINGER Devi pregarlo di benedirti.
L’altra immagine
Ho visto che ogni tanto Lei fa delle domande alla persona con cui lavora. Alla fine poi, Lei di solito osserva la rappresentazione insieme a lei, oppure lei prende il posto del suo rappresentante nella costellazione. Che cosa succede a Max grazie a questa rappresentazione?
Egli, innanzi tutto, vede che portava dentro di sé un'immagine limitata della sua famiglia. Per esempio qui, era esclusa la sorella gemella della madre. Lui vede che doveva prendere il suo posto per venire in aiuto alla madre. E vede pure che suo padre voleva andarsene.
Se ora entra la persona esclusa, il quadro cambia. I figli vanno dal padre, invece di stare dalla madre, e la madre è lasciata sola con sua sorella gemella, poiché rimane legata a lei. In questo modo Max ottiene un’altra immagine della sua famiglia. Improvvisamente vede che è la madre che vuole andarsene e che invece se n’è andato il padre. Succede spesso che un partner se ne vada per l'altro, anche se sarebbe più appropriato che fosse l'altro ad andarsene.
Alla fine della rappresentazione i figli non stanno più vicini alla madre, bensì al padre, da cui adesso proviene una forza guaritrice. Max, che era rimasto così a lungo vicino alla madre e lontano dal padre, adesso deve metterglisi accanto. Allora riceve l'energia maschile che fluisce dal padre.
Questo però non basta. Lui era in conflitto con suo padre, proprio perché stava dalla parte della madre. Adesso deve conquistarsi il padre. Ha bisogno della sua benedizione.
La benedizione del padre
"Benedizione", questa parola ha una valenza molto religiosa.
Sì, è vero. Per essere precisi, un essere umano non proviene dai genitori, ma arriva su questa terra tramite i genitori. La vita viene da molto lontano, e noi non sappiamo che cos’è. Il guardare in quella direzione è un atto religioso. In questo modo non ci preoccupiamo della superficie, bensì del fondo primordiale delle cose, senza nominarlo.
Se questo figlio quindi s’inchina davanti al padre e gli chiede la sua benedizione, si inserisce nel flusso di questa corrente. Questa benedizione non gli viene solo dal padre, poiché proviene da molto lontano ed è tramite il padre che giunge a lui. Pertanto anche questo è un atto religioso. La forza di questa benedizione non sta nelle mani del padre.
Chi ha preso così la vita, è in sintonia con le sue origini. Costui si trova in accordo con il suo particolare destino, le sue possibilità ed i suoi limiti, in gran parte determinati dai genitori. Questa è come una devozione al mondo, così com’è. E questo è un atto religioso.
In tal senso la messa in scena delle costellazioni familiari ha in sé qualcosa della liturgia. È un rito guaritore, ma non uno di quelli imposti dall’esterno, bensì uno che deriva direttamente dalla dinamica della costellazione. Per questo va trattata con estrema cautela, prudenza e profondo rispetto.
Nella liturgia il sacerdote è la figura decisiva. In questo tipo di messa in scena non è che il soggetto faccia chissacché. Egli osserva il terapeuta che cambia la costellazione finché tutti i membri della famiglia si sentono meglio. In questo modo il soggetto è molto passivo nella terapia.
Il soggetto inscena il sistema ed in questo senso è molto attivo. Solo successivamente gli do un aiuto a trovare l’ordine. Alla fine, quando giunge il momento della soluzione, e per esempio egli prega il padre: "Per favore, benedicimi", allora torna ad essere attivo. Se qualcuno si comporta in modo passivo, oppure mi addossa l'incarico di lavorare al posto suo, interrompo subito. Con persone così non lavoro.
Ciò che Lei però afferma riguardo all'aspetto sacerdotale contiene una gran verità. Come terapeuta mi sento in armonia con un ordine superiore. Solo trovandomi in quest’accordo riesco a vedere la soluzione e le do un avvio. Perciò il terapeuta che fa un tale lavoro è molto attivo. A volte può essere molto inquietante per chi lo vede. È come agire con alta autorità.
Molti dicono che è autoritario.
Sì, lo sento spesso. Ma una tale autorità si può esercitare solo con estrema umiltà, e cioè restando in armonia. Io ne faccio uso perché mi sento in armonia con la realtà che si svolge davanti a me. Soprattutto mi sento in armonia con gli esclusi.
Gli esclusi sono coloro che in una famiglia, per un motivo qualunque, sono stati lasciati indietro, messi in ombra o denigrati?
Coloro ai quali è negato l’onore, l’appartenenza, la parità di nascita.
Allora, nel caso di Max, la sorella gemella della madre, morta precocemente. Ma non era un fatto già ampiamente noto in questa famiglia?
Sì. Ma cosa succede con una disgrazia così grande? Fa paura nel sistema, cosicché non se ne vuol sapere più niente e non la si affronta.
Alcune settimane fa Max mi ha scritto una lettera, dalla quale capii che lui, per compassione, voleva imitare anche il nonno che, del resto, deve aver sofferto molto per quella tragedia.
Gli ho risposto che deve lasciare al nonno il peso del suo destino.
Il nonno è quello che ha causato involontariamente la morte di sua figlia.
Sì; e nessuno deve consolarlo. Non è bene farlo. La dignità di un uomo simile esige che lui ne porti il peso da solo. Allora è grande. Nessuno deve interferire.
Quando parlo così, sono duro da un lato, mentre dall'altro nutro rispetto e sono in accordo con questo nonno, perché lo stimo. Se agisco così, si libera anche il nipote.
Nell’ultima parte della rappresentazione, Lei ha detto: "In questa relazione il marito non ha alcuna prospettiva: questa relazione è destinata a fallire fin dall’inizio." Mi sembra un'affermazione troppo drastica.
Non si tratta di qualcosa di inventato da me. Quando un gemello muore troppo presto, soprattutto se è successo in questo modo, l’altro lo vuole seguire. Nel nostro esempio, la madre di Max non si libererà dalla sua sorella gemella, neanche se lo volesse. Dire questo può sembrare crudele.
Nella rappresentazione potrei metterla alla destra del marito, e la sorella gemella a sua volta alla destra di lei. Così risulterebbe inclusa. Ma so per esperienza che in un caso simile sarebbe inutile. Il destino è così forte, da spingere la madre ad andarsene. Bisogna lasciarla ritornare nella sua famiglia d'origine. Non che lei sia in pericolo, ma è che non può sopportare la felicità vicino ad un uomo se sua sorella è stata così infelice. Qui si fa sentire un amore molto profondo. Se lo rispetto, questa donna può affrontare pienamente il suo destino, e il collegamento con la sorella gemella che prima era esclusa può apportarle un grande sollievo. Ma, che possa vivere felice con suo marito, andrebbe contro tutta la mia esperienza. Non bisogna sottovalutare questi legami profondi.
In questo caso Lei ha fatto un piccolo esercizio con Max.
HELLINGER (a Max) Va' dalla sorella gemella di tua mamma, ed inchinati delicatamente e con rispetto. Poi fai lo stesso davanti ai nonni: fallo con riguardo e rispetto per il loro destino.
(Max s’inchina)
Rialzati e guardali tutti. Non hai ancora guardato la sorella gemella. Guarda la zia negli occhi. Respira profondamente ed inchinati di nuovo con molta delicatezza. Respira profondamente con la bocca aperta e lascia che salga il dolore. È questo il dolore che onora tua zia. Ora guardala di nuovo.
(Al pubblico) Adesso si nota un'espressione diversa nei volti di lei e di lui. Max non riesce a prendere quello che lei gli offre. Per lui è più facile continuare a soffrire, che ricevere la benedizione dalla zia.
E qui Lei ha interrotto la rappresentazione. Dal pubblico venne la domanda preoccupata: che cosa succede adesso, lascia semplicemente andare Max così?
HELLINGER (al pubblico) La domanda della partecipante era: come procede la cosa? Lei pensa che ci sia un seguito. Invece non c'è, perché Max ha rifiutato la soluzione.
Con ciò diventa evidente un fatto molto importante: è più facile mantenere il problema e continuare a soffrire, che accettare una soluzione. Questo ha a che fare con il fatto che la sofferenza ed il mantenere il problema sono profondamente legati ad una sensazione d’innocenza o di fedeltà, e cioè ad un livello magico. Con ciò ci si lega alla speranza che tramite la propria sofferenza si possa salvare un altra persona.
Se Max adesso vede che la zia non ha bisogno di essere salvata, proverà una gran delusione, perché dovrebbe prendere atto che tutto quello che ha fatto per lei è stato inutile. Non si accetta facilmente una cosa del genere. Si preferisce mantenere il problema, anche se si è intravista la soluzione.
Il terapeuta in questo caso non deve interferire o fare qualcosa in più per la persona. Io lo affido alla bontà della sua anima. Questo è tutto ciò che posso fare.
La soluzione
Normalmente questo è un punto in cui si prosegue con il lavoro terapeutico. Lei semplicemente smette?
Tempo fa, Max fa mi ha scritto una lettera, che mi dimostrava che la sua anima nel frattempo non era rimasta inerte. In seguito alla rappresentazione egli aveva compreso che si era identificato col nonno, e che per questo non aveva potuto accettare la benedizione della zia. Il nonno, dopo quel ch'è successo, non può accogliere l’amore della figlia.
Il nonno che ha causato la morte della bambina.
Sì. Lui considera la sua colpa talmente grande, che non può accettare il sollievo di vedere la figlia che lui ha investito sorridergli amichevolmente. Max in quel momento era identificato con il nonno. Ma grazie al lavoro positivo della sua anima ho potuto aiutarlo. Si è reso conto della situazione del nonno. Allora gli ho suggerito di lasciare il dolore al nonno: così sarebbe stato libero.
Se Lei dice "ho potuto aiutarlo", che cosa intende concretamente? È migliorata la sua malattia forse?
Ho potuto aiutarlo a liberarsi dall’identificazione con il nonno. Il nonno, in seguito alla tragedia da lui provocata, ha certamente l’esigenza di espiare. La malattia è talvolta un bisogno di espiazione. Potrebbe facilmente essere che, con la sua malattia, Max cerchi di espiare la colpa del nonno. Se Max si libera da quest’identificazione, forse migliorerà anche la malattia. Ma questo non lo so. Non mi occupo principalmente di questo, bensì delle forze che agiscono nella famiglia e nell'anima, guarendola. Se queste forze benefiche si mettono in moto, può anche accadere che una malattia migliori. Ma io non miro a questo. Io miro più al benessere dell'anima e della famiglia. Se, grazie a loro, anche la malattia migliora, mi va bene. Ma preferisco lasciare questo campo ai medici, poiché rientra nelle loro competenze. Io non m’intrometto in cose che vanno oltre le mie competenze.
Cosa fa ammalare nelle famiglie
Lei lavora con i malati che sono già in cura medica. Ciò significa che i medici vengono da Lei con i loro pazienti per poi lavorare insieme. Lei dice che il cancro ha a che fare con una mancata riverenza, o che i problemi all'addome hanno a che fare con un rapporto poco chiaro con la madre. Ma Lei non dice: io curo queste malattie tramite le rappresentazioni familiari.
Quello che ho scoperto nel mio lavoro con i malati, è che la stessa dinamica di fondo porta a diverse malattie. Io lavoro solo con le dinamiche di fondo.
Nelle famiglie può accadere che un bambino senta l'esigenza di seguire un fratello, od una madre, o un padre morti. Allora dentro di sé dice : "Ti seguo". Quando una persona si trova in questa situazione, può darsi che si suicidi, oppure che si ammali di cancro o di un'altra malattia. Dunque la stessa dinamica di fondo può manifestarsi in vari modi. Sarebbe quindi senza senso cercare di curare il cancro senza prendere in considerazione queste dinamiche.
In fondo, ci sono tendenzialmente queste tre dinamiche:
- "Ti seguo nella morte o nella malattia o nel destino";
- "Preferisco morire io al posto tuo" o "Preferisco andare io in vece tua";
- "Voglio espiare la tua (o la mia) colpa".
Nella costellazione che abbiamo portato ad esempio, probabilmente la situazione era così che il marito dentro di sé diceva: "Preferisco andarmene io dalla famiglia al posto tuo, mia cara moglie."
Perché lo fa?
È una cosa inconscia, completamente inconscia. Anche i figli fanno così. Per esempio, se vedono che uno dei genitori vuole seguire qualcuno, un figlio può dire: "Preferisco ammalarmi io e morire al posto tuo." Nel caso di Max, la madre vuole seguire la sorella gemella. Il figlio allora dice: "Preferisco che sia io ad ammalarmi ed a morire in vece tua." Questa è una possibile dinamica del caso.
Ci permetta di prendere in considerazione un altro esempio e con esso il rapporto tra genitori e figli.
Si tratta di una donna, che chiameremo Laura, che da dodici anni aveva la sclerosi multipla. Laura raccontò che suo padre, che era un nazista, durante la guerra fu responsabile della morte di due disertori. Di nuovo vennero scelte fra il pubblico delle persone sconosciute che assunsero il ruolo dei membri della famiglia.
In questo caso Lei mandò fuori dalla porta il rappresentante del padre. Perché lo fece?
Questa è una delle grandi eccezioni nella terapia familiare. Gli assassini perdono di regola il loro diritto di appartenenza al sistema. Chi è responsabile in modo talmente colpevole della morte di qualcuno, si è giocato il diritto di appartenenza. Egli deve lasciare il sistema. L'atto di uscire dalla porta vuol dire che costui da un lato si è giocato l'appartenenza, ma può anche significare che debba morire, oppure che voglia morire o suicidarsi. Se adesso un membro del sistema che ha perso l’appartenenza non se ne va, allora se ne va un figlio in vece sua. È quindi inutile aver compassione del colpevole, perché così vengono duramente colpiti dei veri innocenti.
Dopo la rappresentazione, Lei disse a Laura che la dinamica nel suo caso era: "Preferisco sparire io in vece tua". Al posto del padre voleva andarsene la figlia. Questa era una causa della sua malattia. Ciò diede adito ad un piccolo dialogo:
HELLINGER Questa spiegazione ha un senso per te?
LAURA Sì, questo ha un senso per me, in quanto riconosco che mi sono sentita responsabile per mio padre e che posso smettere di farlo. Fino a due - tre anni fa i suoi crimini di guerra erano passati sotto silenzio. Poi ne ho parlato con i miei fratelli.
HELLINGER Non avresti dovuto farlo. No. Non avresti neanche dovuto indagare.
LAURA Non ho indagato, ho solo chiesto: "Raccontami cosa è successo in guerra."
HELLINGER Una figlia non può fare questo. I figli non devono impicciarsi dei segreti dei genitori. Può darsi che una parte della tua sofferenza sia un'espiazione per quest’intromissione.
DOMANDA DAL PUBBLICO I nostri genitori non avrebbero dovuto raccontarci niente sui fatti del periodo nazista?
HELLINGER No, non avrebbero dovuto, se vi erano coinvolti. Cosa fanno altrimenti i figli? Dicono: "Ma cosa avete combinato!" Di conseguenza i figli diventano malvagi come i genitori.
DOMANDA DAL PUBBLICO Io posso venire a conoscenza di quello che hanno fatto i genitori e posso anche capire perché si sono comportati così. E posso perdonare.
HELLINGER I figli non sono tenuti né a comprendere, né a perdonare. Che presunzione!
La presunzione e le sue conseguenze
Quest'affermazione sollevò nel pubblico un'ondata di rabbia e indignazione. Non è così che i figli hanno intuitivamente un senso per la giustizia? Perché non possono chiedere? D'altra parte si accorgono se i genitori hanno qualcosa sulla coscienza.
Sì, se ne accorgono, ma non devono intromettersi.
I figli non sono come gli adulti. Loro semplicemente chiedono, e lo fanno in modo del tutto innocente. Devono per questo pagare con una malattia?
Naturalmente dipende di cosa si tratta. Le domande riguardo alle colpe dei genitori oppure ai loro rapporti intimi sorgono da una presunzione smisurata. Soprattutto se si tratta di colpa, i figli citano i genitori davanti al proprio tribunale e li sfidano: "Datemi una giustificazione!" Non esiste una maggior presunzione.
Un figlio che ha fatto questo, poi si punisce gravemente. Questo succede anche quando i genitori raccontano spontaneamente al figlio qualcosa della loro relazione intima. Se per esempio una donna dice: "Tuo padre è impotente" o cose simili, oppure il padre parla sprezzante della madre ed il figlio lo sente, questi in seguito si autopunisce, semplicemente perché lo sa. E maggiormente se in seguito cerca di indagare oltre.
Per il figlio poi c’è un’unica soluzione: io lo chiamo un "dimenticare spirituale". I figli devono tirarsene fuori completamente.
Il figlio ha i suoi genitori, che sono quello che sono. I genitori non possono essere diversi. E non hanno bisogno di essere diversi. Infatti un uomo ed una donna diventano genitori non perché sono buoni o cattivi, ma perché si uniscono come uomo e come donna. Solo così diventano genitori.
Perciò i figli devono prendere la vita dai genitori così come loro gliela danno. I genitori non possono aggiungervi né togliervi niente. Anche i figli non devono aggiungervi o togliervi nulla. Devono accettare la vita come i genitori gliela danno.
Non si dovrebbe forse, al contrario, dire ai genitori: "Non dovete raccontare niente dei vostri affari privati ai figli, dovete mantenere separata la sfera dei figli da quella dei genitori"?
Esatto. Il bambino non ha una colpa soggettiva se è preso in confidenza. Ma l’effetto è esattamente lo stesso. Solo per questo fatto il bambino entra in una posizione che non gli compete. Ma Le do completamente ragione: bisogna dirlo ai genitori. Una volta il mondo dei genitori e quello dei figli erano separati più nettamente di oggi. Il cameratismo che oggi spesso si può notare tra genitori e figli nuoce ai figli.
Ritorniamo ad un ulteriore esempio tratto dal seminario. Una donna, che chiameremo Milena, racconta:
MILENA A 25 anni ebbi un’operazione al gozzo, cinque anni fa un’operazione all'addome, inoltre ho una bronchite cronica.
HELLINGER Sei sposata?
MILENA No.
HELLINGER Quanti anni hai?
MILENA Trentacinque.
HELLINGER È accaduto qualcosa di particolare nella tua famiglia d’origine?
MILENA Mio padre ha abusato di me. Mia madre, quando gliel’ho raccontato, non è stata dalla mia parte, ma mi ha detto: " Non raccontarlo a nessuno, altrimenti papà va in prigione". Ero come impietrita.
HELLINGER OK. Tu hai padre, madre e quanti fratelli?
MILENA Due fratelli. C'è stato anche un bambino, il primo figlio di mia madre, che è morto tre giorni dopo la nascita.
HELLINGER Di cosa?
MILENA È diventato blu ed è morto.
HELLINGER Metti prima in scena tua famiglia: padre, madre, figli.
La donna si siede e Bert Hellinger chiede agli attori del pubblico che rappresentano i membri della famiglia:
HELLINGER Come sta il padre?
PADRE Non sento che ci sia una moglie vicino a me, mi sento solo in rapporto con la figlia.
HELLINGER Come sta la madre?
MADRE Da questo lato mi sento troppo vicina, e in qualche modo la bambina mi crea problemi. È così lontana. Ciò mi dà fastidio. Vorrei essere più vicina a questa figlia.
HELLINGER E come sta la figlia?
FIGLIA Ho le mani bollenti. Sento aggressione, paura e rabbia.
HELLINGER (a Milena) Adesso aggiungiamo il bambino morto. Scegli il rappresentante e mettilo in scena.
(Alla figlia) Cos’è cambiato per te?
FIGLIA Mi sento molto meglio, più protetta. Non sono più sola.
PADRE Sì, mi sento in relazione con lui.
MADRE Vorrei semplicemente andare da questa bambina.
HELLINGER Dalla figlia?
MADRE Sì.
FRATELLO Io vorrei fare in modo che la famiglia fosse più unita.
HELLINGER (al bambino morto) Come stai tu?
BAMBINO MORTO Mi sento morto.
HELLINGER Sì. Esatto.
(A Milena) Cos’è successo nella famiglia di tua madre?
MILENA Una sorella a otto anni è andata all'estero ed è stata tenuta là.
HELLINGER Come può andarsene una bambina di otto anni?
MILENA È stato una specie di scambio scolastico.
HELLINGER A otto anni? Strano.
MILENA Sì, è andata all’estero. Si trattava di una specie di scambio scolastico fra l'Ungheria e la Svizzera. La coppia svizzera pregò i miei nonni di cedere la bambina, dato che loro avevano già abbastanza figli. Allora i nonni hanno....
HELLINGER Questo mi basta. Da chi vuole andare la madre? – Dalla sorella.
Di nuovo la madre che vuole andar via dalla famiglia?
La madre vuole andarsene, perché sua sorella è stata ceduta. Vuole andare da lei.
Tra fratelli e sorelle c’è un amore ed un legame molto profondo. Se uno di loro sta male, allora gli altri lo copiano. Se per esempio uno dei figli è handicappato, gli altri si comportano come se neanche a loro fosse permesso di godere appieno della vita. Ecco cosa provoca tanto amore e tanta fedeltà.
Perché Lei ha voluto sapere cos'è successo nella famiglia della madre, e non si è interessato di quella del padre? In fondo era il padre quello che ha abusato della figlia.
Osservando la rappresentazione si poteva notare che il problema proveniva in realtà dalla parte materna. In caso d'abuso di solito ci sono due colpevoli: uno in primo piano, e cioè il padre, ed uno in secondo piano, la madre. Per questo in caso d’abuso si può giungere alla soluzione solo prendendo in considerazione entrambi i colpevoli. È vero che questa interpretazione può sembrare un po' audace. Nell'esempio di Milena prenderei comunque lo spunto dal fatto che la madre vuole andarsene dal marito, perché vuole seguire la sorella. Si sente però colpevole nei confronti del marito e offre in compenso la figlia.
Aggressore e vittima
Questa è un'affermazione molto provocatoria. Molti terapeuti che lavorano con ragazzine vittime di abusi potrebbero indignarsi se sentono che la vera causa dell'abuso è la madre.
Naturalmente non cerco di scusare il padre, perché sarebbe sostanzialmente errato vederla così. È invece necessario mantenere una visione d’insieme. Per esempio, se la bambina volesse prendersela con chi è colpevole, non sarebbe sufficiente che se la prenda solo con il padre, dovrebbe prendersela anche con la madre. Infatti, per quel che ho potuto notare fino ad ora, i genitori, in caso di abuso, sono spesso segretamente solidali ed in combutta fra loro.
Mi sembra che Lei faccia una serie di asserzioni che potrebbero suonare piuttosto strane agli orecchi di un analitico. Come fa a sapere queste cose?
È ciò che ho visto lavorando con le persone e guardando le rappresentazioni familiari. Innanzi tutto ho notato che ogni attacco nei confronti dell'aggressore reca con sé degli effetti molto deleteri.
Un attacco dunque a coloro che si sono resi colpevoli.
Sì. Poiché la figlia, rimanendo intimamente fedele all’aggressore, punisce se stessa se questi viene punito. Se non lo fa lei, lo farà più avanti una sua figlia/o. Il più delle volte poi, ciò si ripete per generazioni. Una volta ho fatto a questo proposito una strana esperienza.
Nel corso di un seminario per psichiatri, una di loro disse di avere in cura una paziente che era stata violentata dal padre. La psichiatra era molto indignata. Le ho chiesto di mettere in scena la famiglia della paziente, e così fece. A questo punto le ho detto di mettersi, in qualità di terapeuta, accanto alla persona che secondo lei aveva più bisogno di sostegno. Allora si è messa vicino alla paziente. Tutti nel sistema ce l'avevano con lei e nessuno le dava fiducia.
Con quella rappresentazione ho scoperto che il terapeuta deve allearsi col male. Solo così può aiutare gli altri a sanare la situazione. Se si indigna e si allea con la vittima, la situazione peggiora per tutti. E chi sta peggio di tutti è la vittima stessa.
Questo lo so per esperienza, e non perché penso che debba essere così. Sono giunto a queste conclusioni lavorando con le rappresentazioni familiari. Ma se qualcuno dovesse intravedere qualcos'altro, o fare esperienze diverse che possano essere utili, mi tiro subito indietro. Non voglio prescrivere a nessuno come deve procedere.
Allora non si tratta di una costruzione teorica rigida.
In nessun caso: né in questo contesto, né altrove. Io procedo in modo fenomenologico. Ciò significa che osservo cosa effettivamente aiuta le persone. Lo metto pure a prova. Quindi, se ho trovato una via, formulo un’ipotesi. Ma questa cambia da caso a caso.
E da cosa vede se le persone sono state effettivamente aiutate?
Dall’espressione del volto. Non appena si profila una soluzione, i volti si illuminano e tutti si sentono rilassati. Ciò sembra contraddire un vecchio detto popolare tedesco, secondo il quale "Far contenti tutti è un’arte che nessuno possiede". Nelle terapie familiari abbiamo una soluzione quando ogni membro della famiglia trova il posto che gli compete, e gli viene anche riconosciuto. Si giunge alla soluzione quando ognuno sta al suo giusto posto, si assume le proprie responsabilità, e si occupa del suo, senza interferire nelle competenze degli altri. Allora ognuno sente la sua dignità e sta bene.
Fine dell’intervista alla radio.
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